“Nel cuore del Sudan e all’Ovest del Nilo Bianco si trova una terra strana e irreale che la mano del tempo ha a malapena toccato attraversandola”, diceva George Rodger , fotoreporter di fama proveniente dal Regno Unito ma cittadino di tutto il mondo. Il fotografo scomparso nel 1995 ci ha lasciato una preziosa eredità iconografica del Sud Sudan in particolare, in un momento in cui la fotografia sta catalizzando sempre di più l’attenzione del pubblico assumendo un ruolo decisamente importante nel mondo dell’editoria<
Fra i più belli libri fotografici stampati dai vari editori europei, c’è Southern Sudan, pubblicato da Stanley/Barker London, che è una capsula temporale del piccolo stato orientale dell’Africa, in questi ultimi anni sotto l’influenza crescente della Cina e del suo programma commerciale.
George Rodger fu tra il 1939 e il 1947 membro fondatore della neonata Magnum Photos, oltre a diventare corrispondente di guerra per la rivista Life, coprendo alcune delle atrocità più violente della seconda guerra mondiale: dalla brutalità della campagna in Birmania, a orribili mucchi di cadaveri e sopravvissuti disperatamente emaciati scoperti nel campo di concentramento di Bergen-Belsen dopo la sua liberazione nel 1945.
All’inizio del 1948, alla ricerca di qualcosa di meno barbaro, Rodger si accordò con il governo sudanese per essere il primo fotografo autorizzato a documentare le popolazioni indigene dei monti Nuba, nell’ex provincia sudanese centrale del Kordofan, i Latuka e altre tribù di Sudan meridionale. In tal modo, ha creato alcune delle immagini storicamente più importanti e influenti scattate nell’Africa sub-sahariana durante il ventesimo secolo.
Una sua celebre frase è l’essenza della sua mission: “Devi sentire un’affinità per ciò che stai fotografando. Devi farne parte, e tuttavia rimanere sufficientemente distaccato per vederlo oggettivamente. Come guardare dal pubblico un’opera che già conosci a memoria”.
Nel 1947 Rodger fu invitato a unirsi a Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour e William Vandivert nella fondazione di Magnum. Il suo prossimo viaggio importante fu un viaggio trans-africano dal Capo al Cairo, durante il quale realizzò immagini straordinarie della tribù Kordofan Nuba che apparve per la prima volta sul National Geographic nel 1951. L’Africa rimase per lui una preoccupazione per oltre trent’anni.
Editore: STANLEY / BARKER Books, London. Articolo per The Way Magazine a cura di Gianni Foraboschi.