“Tu sei una ballerina speciale, dobbiamo lavorare assieme“. Lindsay Kemp, celebre ballerino e mimo inglese con forte legame con l’Italia, aveva conosciuto anni fa la nostra stella della danza Luciana Savignano e le aveva fatto questa promessa. Ma il tempo non ha voluto che questo avvenisse e la ballerina di recente ha rievocato quell’incontro a Milano in una serata dedicata a Kemp e alla sua storia al Teatro Manzoni.
L’occasione era la presenazione del libro “Stop Time” curato dall’artista e amico David Haughton, che oggi ne gestisce l’eredità artistica e sito web ufficiale. Qui si trova l’archivio di tutti gli show del geniale creativo dal 1962 al 2018.
Nel libro di foto e testi c’è tutto l’immaginario di Kemp: toreri, geishe, prostitute, marinai, arcangeli, personaggi circensi. Era un caleidoscopio fiammeggiante di personaggi quello che Lindsay Kemp incarnava sulla scena o disegnava sulla carta, attingendo a piene mani, e con una vena di consapevole follia, alla sua trinità letteraria: Wilde, Genet, Lorca. Quando giunse a Milano il 6 marzo 1979 al Manzoni con il suo trasgressivo «Flowers» («pantomima» ispirata a «Nostra Signora dei Fiori» di Jean Genet) scosse profondamente la città che lo amò e lo adottò per decenni in più teatri che se lo contesero, alla guida della sua compagnia: il Nazionale, di nuovo il Manzoni e, negli anni successivi, il Nuovo. Haughton ha descritto nella serata celebrativa una scena epocale: “Usciva dal teatro ancora truccato, perché pensava che gli artisti dovessero essere così anche fuori la scena. Fummo fermati dalla polizia che ci voleva identificare. Alla domanda: lei cosa fa? Rispose con un passo di danza in mezzo alla strada”.
Il fido collaboratore ricorda: “Toccava a me trovare compromessi e curare i rapporti ma agivo in definitiva come ponte tra i suoi sogni e la realtà“.
Savignano emozionata ha rivelato: “La prima volta che ho visto Lindsay ero dietro le quinte del Teatro Nuovo. Ed ero talmente affascinata che non riuscivo a muovermi. Alla fine sono andata da lui gli ho detto che era un genio, aveva fatto qualcosa che non avevo mai visto prima. Purtroppo il sogno di ballare assieme non si è mai avverato per i nostri impegni reciproci”.
Nel 2015 — tre anni prima della morte avvenuta a Livorno all’età di 80 anni —, Kemp ricevette il diploma «honoris causa» all’Accademia di Brera, dopo la lunga collaborazione con la Galleria San Carlo dell’amico de Magistris, dove esponeva i suoi disegni. Il debutto assoluto di Kemp in Italia avvenne nel 1979, al Teatro Manzoni di Milano, dove l’artista ebbe un grandissimo successo. Trasformista a tutto tondo, danzatore, mimo, regista d’opera e pittore, era cresciuto inventandosi spettacolini nelle povere strade del Nordest dell’Inghilterra del secondo dopoguerra, approdando in Italia negli anni Sessanta, a Roma e al Festival di Spoleto, sulle orme di un suo antenato, un attore elisabettiano della compagnia di Shakespeare giunto da noi, a sua volta, per studiare le radici della Commedia dell’Arte.
«Stop time!» è realizzato dal fotografo Angelo Redaelli, con testi dell’attore e regista irlandese David Haughton (pseudonimo di David Brandon), per 50 anni al fianco di Kemp. Il volume è pubblicato da Anthelios Edizioni
«Ero un giovanissimo Arcangelo Gabriele — racconta Haughton, anche autore dei testi del libro — nella compagnia arcobaleno di zingari erranti di Lindsay: arrivammo al Manzoni nel ’79 grazie a Romolo Valli e a Milano Aperta. Eravamo atterrati a Linate due giorni prima in una tempesta di neve, ci sembrò un auspicio magico: difatti fu un successo fu strepitoso, il teatro tutto esaurito, biglietti impossibili da trovare, aggiungemmo una settimana di repliche. Fu un’ondata di fervore per qualcosa che non si era mai visto: travolse spettatori e critica“. Ricorda Daniela Maccari, che si unì alla compagnia dopo «Flowers»: “Della sua prima volta a Milano, Lindsay raccontava della madre che sostava sotto la pioggia davanti all’insegna del Manzoni, incredula che quella creatura in locandina fosse suo figlio. Era stata la sua prima fan dopo aver tentato di spingerlo invano sulle orme del padre, in una carriera in Marina”.