L’annuncio sui loro siti è perentorio e senza possibilità di errore: i Prodigy oggi hanno perso il loro cantante, Keith Flint, morto suicida a 49 anni nella sua casa dell’Essex.
“It is with deepest shock and sadness that we can confirm the death of our brother and best friend Keith Flint. A true pioneer, innovator and legend. He will be forever missed”, si legge sul Facebook della band di Briantree, nell’Essex, in Gran Bretagna, il luogo da dove partì la rivoluzione rave negli anni 90.
Attivi sin dal 1990, i Prodigy divennero fenomeno globale solo nel 1997 con il famosissimo disco “The Fat of the land” con il censuratissimo video “Smack My Bitch Up”, un inno di una generazione alimentata a “Trainspotting”, rave culture e idoli musicali quali Moby, Chemical Brothers, Fatboy Slim.
Tra tutti i Prodigy ebbero il vanto di poter scalare le classifiche anche in America, avere uno stuolo di fedelissimi che riempivano i concerti come mai successo per un dance electronic act e soprattutto, guadagnarsi la stima e il favore dell’industria e dei loro contemporanei.
C’è stato un momento negli anni Novanta quando tutti i musicisti volevano lavorare con loro, assomigliare a loro, essere loro. Da Madonna che li prese a spunto su alcune tracce di “Ray Of Light”, la sua più riuscita reinvenzione, a Liam Gallagher, Dave Grohl e Juliette Lewis che collaborarono all’apice della fama con il tastierista Liam Howlett. Questo perché hanno saputo trasportare la cultura rave dall’underground delle periferie inglesi anni 90 a bandiera di una generazione inquieta che ha visto nell’elettronica una via di evasione al post-edonismo imperante.
Se l’altra faccia musicale degli anni Novanta, Kurt Cobain dei Nirvana, ha deciso di farla finita al culmine della sua traiettoria, i Prodigy hanno continuato per anni a portare avanti il loro mito, facendo tour e sfornando album sempre all’ombra del loro exploit di fine anni 90.
Il contributo all’industria musicale popolare da parte dei Prodigy è unico e ingente. Hanno inventato un genere, fin da quel “Charly” che faceva il verso nel 1991 a una propaganda educativa britannica per i minori, tanto da essere accusati di fare solo “kiddie rave”, baldoria per bambini.
E se la bravata si è conclusa 28 anni dopo con un epilogo tragico, al mondo dell’intrattenimento resta il testamento musicale di un genio dirompente, che ha riportato per un periodo intenso, l’energia distruttiva del punk nel progresso elettronico contemporaneo.