Più di mezzo secolo è trascorso dalla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, partita dalle avanguardie degli Stati Uniti, eppure ancora non è del tutto sdoganata la libertà di parola ed espressione su alcuni argomenti che riguardano l’universo femminile, in particolare il loro benessere intimo.
La risposta – come spesso accade – arriva prima dal mondo del mercato che da quello sociale, politico o istituzionale: è grazie ad alcuni brand, alcune nuove tecnologie e tendenze che si stanno compiendo i passi più importanti verso un nuovo modo di concepire il tema con meno imbarazzo e più consapevolezza.
Certo è che intorno ad alcuni argomenti, e in primo luogo quello del ciclo mestruale, il piacere femminile o la salute intima della donna, è ancora difficile articolare un discorso privo di stereotipi di genere; eppure è proprio su queste materie che – a partire da progetti concepiti da donne per le donne – il business contemporaneo sta innescando una vera e propria rivoluzione.
Il termine chiave è femtech, ovvero la female technology (letteralmente: tecnologia femminile). Si tratta di una parola che viene applicata per descrivere software, prodotti e servizi che utilizzano la tecnologia per migliorare o semplicemente analizzare la salute delle donne. Il concetto, per quanto possa apparire ordinario, è invece relativamente recente: il termine femtech è stato coniato nel 2016 dall’imprenditrice danese Ida Tin, fondatrice di Clue, app per il monitoraggio del ciclo mestruale e della fertilità. Da allora il termine è stato ampiamente usato per indicare un vasto settore, che comprende non solo strumenti di monitoraggio della fertilità e della mestruazioni, ma anche innovazioni tecnologiche nelle cure infermieristiche della donna, specialmente durante la gravidanza, varie tipologie di strumentazioni finalizzate al benessere intimo e sessuale femminile, sia in formato digitale ed elettronico (come app) sia come oggetti concreti (prodotti per l’igiene, dispositivi indossabili, sex toys ecc.).
Oltre che intrinsecamente e inevitabilmente femminista, quello della femtech è un mercato in forte espansione, e in questo contesto i dati lasciano poco spazio ai dubbi, specie se si guarda agli ingenti capitali investiti nel settore. Da cinque anni a questa parte, si stima che le startup femtech abbiano raccolto circa un centinaio di milioni di finanziamenti l’anno, devoluti da diverse società di investimento.
Il rapporto di Frost & Sullivan Market Research, una società di consulenza aziendale che si occupa di ricerche di mercato e analisi, afferma che il mercato femtech, sebbene ancora poco penetrato nel panorama internazionale, ha un potenziale tale da raggiungere i 9,4 miliardi di dollari entro i prossimi tre anni. Nonostante il tasso di penetrazione ancora in fase embrionale, le stime sono concordi nel ritenere che i prodotti femtech fruttano già circa 200 miliardi di dollari ogni anno: cifre considerevoli per un mercato ancora in piena espansione.
Il lavoro in questa direzione, in ogni caso, è ancora molto. Secondo Forbes, le principali difficoltà delle aziende femtech sono concentrate nella raccolta dei fondi e degli investimenti iniziali: difficoltà dovute principalmente all’incomprensione da parte degli investitori di sesso maschile di fronte ai problemi di salute intima femminile – con una certa reticenza che permane nel parlare di problemi molto comuni come cistiti, vulvovaginiti, ciclo mestruale e quant’altro, solo perché legati a una sfera ancora “tabù” – nonché a una generale riluttanza nel promuovere aziende, progetti e idee guidate da donne. Evidentemente non tutti i pregiudizi culturali sono stati smantellati, nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni in questa direzione, tra cui le forti campagne per l’emancipazione femminile (non ultima il celebre MeToo) che hanno caratterizzato questo frangente storico.
La femtech si è occupata a lungo delle nuove tecnologie al servizio della medicina, sviluppando importanti innovazioni nel campo del laser, del led, della radiofrequenza, applicati anche in favore della sfera più intima della salute della donna. I benefici che è possibile ottenere da questo tipo di tecnologie – poco invasive e più immediate – sono notevoli da più punti di vista, soprattutto rispetto ai metodi chirurgici tradizionali. Molti di questi interventi, ad esempio, sono stati studiati per ridurre uno dei problemi più comuni nella donna in età matura, ovvero la secchezza intima che sopraggiunge dopo la menopausa: un disturbo che è causa non solo di imbarazzo e disagio, ma anche di vere e proprie patologie che possono turbare la salute intima dell’individuo.
Numerose aziende femtech si adoperano nel campo delle app mobili, come quella che produce un servizio di teleconsulenza medica attraverso la quale le donne possono trovare supporto, consigli e pareri da personale qualificato. Vari sono anche i servizi in materia di controllo delle nascite e di monitoraggio della fertilità. Molti di questi strumenti sono forniti tramite dispositivi medici connessi ad Internet, che tracciano dati specifici attraverso app ad hoc: ovviamente in questi casi si apre un interessante discussione a proposito della privacy, un argomento quantomai attuale. Dall’estrazione del latte materno all’acquisto e alla gestione di prodotti dedicati al piacere femminile, la femtech ha fornito alla società, insieme a un vasto campionario di servizi digitali e non, anche un buon pretesto per continuare a rompere i tabù sul corpo della donna e sugli stereotipi di genere.