Vino, apriporta per la conoscenza. Alcuni vini raccontano storie. Di terra, di vento, di leggende lontane e di origini che si perdono nella notte dei tempi.
Di barbatelle che vengono dalla Persia dirette a Santiago di Compostela, della loro sosta in Sicilia, del loro essere donate ai locali in segno di riconoscenza per l’ospitalità.
Sarà poi la suggestione, il credere che le cose non sono sempre come le vediamo, qualcosa di inconscio che inserisce queste leggende nel calice.
Il syrah di montagna della Tenuta San Giaime (traduzione dialettale del nome spagnolo “Jaime“ con il quale veniva chiamato il santo spagnolo meta del pellegrinaggio) fa questo effetto. Viene dai mille metri delle Madonie, montagne siciliane a ridosso del Tirreno. Una tappa immancabile nei percorsi eno-gastronomici di qualità.

Assagiandolo si sente il fascino della sua storia, si sente l’impegno di Salvatore Cicco e del figlio Alessio Gaetano, siciliani di origine e milanesi di adozione che fanno la spola dalla Lombardia alla Sicilia per rinsaldare il loro legame con la terra natia e la vite. Si sente la pulizia e la precisione di una vinificazione “light”, con la metà dei solfiti consentiti e senza nient’altro: fermentazione spontanea in vasche di cemento, niente filtraggio, nessuna chiarifica, un passaggio veloce (e delicato) in botti piccole di rovere.
Anche la conservazione merita rilievo:
la tipologia di bottiglia è una bordolese tronco, conica color scuro antico per evitare l’ossidazione e a spalla alta per fermare, al versamento del vino, gli eventuali residui;
Tappo monopezzo (26×49 mm) in sughero per permettere l’ossigenazione, la maturazione e la garanzia di tenuta del prodotto, adatto a vini di qualità superiore.
Ecco il San Giaime. Un ettaro e mezzo di vigna, qualche migliaio di bottiglie, un colore profondo, rubino brillante. In bocca un bel carattere, pieno, caldo ma non troppo, rotondo e allegro.
Berlo d’estate a Gangi, sulle pendici delle fresche montagne siciliane sarebbe il massimo.