È un attore comico con la passione del teatro. Ama cucinare l’iconica Cacio e Pepe (lui dice che è una cosa seria…buonissima), vive a Roma ma se potesse si traferirebbe subito a Bologna. Oggi sono a casa dell’attore Daniele Gattano.

Daniele, grazie per averci accolto a casa tua. Siamo curiosi di scoprire tutto di te e del tuo lavoro. E da molto che abiti in questa casa?
In questa casa, a Roma, vivo da circa sei mesi. Dopo due anni vissuti praticamente da “nomadland”, adesso mi sono fermato. Qui sto molto bene.
Roma è stata una scelta dettata dal tuo lavoro? Ti piacerebbe vivere anche in altre città?
Inizialmente ho puntato su Roma pensando “vediamo un po’ come va”, e poi sono passati dieci anni. Ma dovessi cambiare città sceglierei sicuramente Bologna, dove ho vissuto quando frequentavo la scuola di teatro. È la citta che più mi è rimasta nel cuore. A Bologna c’è anche uno dei luoghi che preferisco: la Salaborsa, una biblioteca multimediale, allestita in un palazzo del 1200. Un tempio della cultura contemporanea. Ci andavo spesso. A volte rimanevo incantato a guardare il soffitto. Mi ricordo anche delle poltrone, bellissime… e anche molto comode!
Ti piace invitare amici a casa? Sei bravo ai fornelli?
Sì sì, preferisco stare a casa che uscire. Mi piace cucinare anche se, ad essere sincero, agli amici “rifilo” sempre le due cose che so fare meglio: la cacio e pepe. Faccio proprio mantecare la pasta, prendo il pecorino buono, insomma… non si scherza… è roba seria. Poi c’è il mio personalissimo pollo infarinato con verdure di stagione, cipolla e vino bianco. Non è esattamente il massimo della leggerezza, ma ti garantisco che ti fa sentire vivo.

Come hai vissuto la pandemia? Riuscivi a collegarti con i tuoi fans anche da casa? Sei riuscito a far sorridere la gente, seppur virtualmente?
La pandemia l’ho vissuta male. Non ho amato per niente tutto l’esibizionismo che si è scatenato in rete. Ho scelto di fermarmi; l’ho presa come occasione per vedere alcuni film che da anni mi dicevo “prima o poi lo vedrò”. Ho fatto lo stesso con alcuni libri. Mi sono chiuso in queste due attività che mi davano conforto e nuovi stimoli.
Sei uno dei monologhisti più amati dal pubblico italiano. Sei riuscito a farti apprezzare in tempi brevissimi. Una carrierarapida, destinata a crescere ancora di più. Quale è il segreto del tuo successo? Perché piaci tanto a un pubblico così trasversale, dai giovanissimi ai meno giovani?
Il mio debutto in tv è di sei anni fa. Ci sono stati alti e bassi, come per tutti. Diciamo che portare nel 2016 un monologo sul coming out ha creato una rete d’ascolto e suscitato “occhi da bue” che davvero non mi aspettavo. In quel momento ho ritenuto che quello che stavo facendo fosse più importante del come lo facevo. Ero agli inizi e mi era stata concessa una bella opportunità. In generale, cerco di parlare in modo sincero di ciò che vivo e di come lo rielaboro; provo a far scattare l’empatia da parte del pubblico toccando quegli argomenti che possono creare immedesimazione. La mia chiave è un po’ questa.
C’è un programma televisivo italiano che ti piacerebbe condurre? Preferisci la televisione o il teatro?
Della programmazione televisiva attuale, nessuno in particolare. Mi piacerebbe però condurre una cosa mia: la televisione è divertente quando la fai, non quando la subisci. Il mio rapporto con il piccolo schermo è un po’ conflittuale. Diciamo che mi fa riflettere il fatto che se qualcuno mi presenta come comico, la gente mi guarda in un modo, se invece si dice che sono un comico di Rai Due, allora le cose cambiano. Chissà, forse la tv nobilita. In ogni caso, nel profondo, quello che più mi diverte e mi fa stare bene è il contatto con il pubblico, il live, il teatro.