Franco Battiato, l’avanguardia pop che non muore mai
Un essere speciale, ricorda Andy Bluvertigo. La sperimentazione che si addentra nella musica pop italiana.
“Ci ha lasciati un vero Maestro, un Essere Speciale, in grado di accendere molteplici punti di luce” dice Andy Bluvertigo, l’artista che ci ha concesso di utilizzare il suo ritratto di Franco Battiato per questo articolo commemorativo. Oggi l’Italia piange un maestro, è vero, non solo di musica, uno dei pochi che ha fatto delle sue complicanze una materia pop che ha travalicato in fama anche la Penisola che le aveva generate.
Una parabola non facile per un cantante, visto che dal rock progressivo all’etnico alla musica pop di avanguardia, la voce di Battiato, con una celebrità mai inseguita ma sempre riconosciuta, ha parlato a generazioni di italiani e non solo. Figlio di una discografia che molti rimpiangono, quella che faceva crescere gli artisti agli occhi del pubblico, ebbe il suo culmine commerciale con album intrisi di segnali culturali colti ma avvolti da un linguaggio pop tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta. Una circostanza che non si è più ripetuta, nemmeno per i suoi devoti seguaci. Tutti hanno imparato la lezione dal maestro ma nessuno l’ha applicata con lo stesso successo. I trionfi dell’Eurovision con Alice (con la splendida “I Treni di Tozeur”) e la sapienza con cui curava il repertorio di voci immense (la Giuni Russo del 1981 e la Milva inarrivabile del 1982 di “Alexander Platz”) lo hanno consegnato alla storia della musica popolare.
E ancora più inusuale la rivincita inaspettata e quasi tardiva che Battiato si prese sul mercato musicale cambiato degli anni Novanta con “Gommalacca” (con Morgan che lo portò anche in tour con i Bluvertigo) e soprattutto con il brano che è diventato il suo marchio di fabbrica per la seconda parte della sua carriera, “La Cura“. Il sodalizio col filosofo Manlio Sgalambro ha così prodotto una serie di dischi epici a metà tra la sperimentazione e la riflessione, un unicum nel panorama italiano della musica leggera che difficilmente verrà eguagliato per intensità. Ma che possiamo riconsocere, finalmente senza esaltazioni, come repertorio immortale.
Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it.
Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia.
Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
La scena, già in sè, meriterebbe una visita: qualche decina di artisti muniti di fogli e matite di vario genere,
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Una parabola non facile per un cantante, visto che dal rock progressivo all’etnico alla musica pop di avanguardia, la voce di Battiato, con una celebrità mai inseguita ma sempre riconosciuta, ha parlato a generazioni di italiani e non solo. Figlio di una discografia che molti rimpiangono, quella che faceva crescere gli artisti agli occhi del pubblico, ebbe il suo culmine commerciale con album intrisi di segnali culturali colti ma avvolti da un linguaggio pop tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta. Una circostanza che non si è più ripetuta, nemmeno per i suoi devoti seguaci. Tutti hanno imparato la lezione dal maestro ma nessuno l’ha applicata con lo stesso successo. I trionfi dell’Eurovision con Alice (con la splendida “I Treni di Tozeur”) e la sapienza con cui curava il repertorio di voci immense (la Giuni Russo del 1981 e la Milva inarrivabile del 1982 di “Alexander Platz”) lo hanno consegnato alla storia della musica popolare.
E ancora più inusuale la rivincita inaspettata e quasi tardiva che Battiato si prese sul mercato musicale cambiato degli anni Novanta con “Gommalacca” (con Morgan che lo portò anche in tour con i Bluvertigo) e soprattutto con il brano che è diventato il suo marchio di fabbrica per la seconda parte della sua carriera, “La Cura“. Il sodalizio col filosofo Manlio Sgalambro ha così prodotto una serie di dischi epici a metà tra la sperimentazione e la riflessione, un unicum nel panorama italiano della musica leggera che difficilmente verrà eguagliato per intensità. Ma che possiamo riconsocere, finalmente senza esaltazioni, come repertorio immortale.
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