L’Italia, per me che sono australiana, ha delle cose che ancora fatico a capire, dopo quasi venti anni che abito qui. Una delle cose che mi hanno sempre affascinato è la provincia, intesa come quell’insieme di piccoli paesini che rappresentano il tessuto pulsante della vita italiana, con i loro usi, i cibi, i monumenti, i lavori, il tempo che spesso sembra non passare mai.

Adesso abito a Roma, ma ho passato tanti anni vicino Viareggio, in Versilia, e per me che venivo dal paese delle grandi distanze, e da una grande città come Melbourne, è stato quasi un choc dovermi abituare a piccoli paesi e realtà ristrette, anche se sempre interessanti, dato che rappresentano uno spaccato della società.
Qualche anno fa, complice la fiera dell’antiquariato Mercante in Fiera, che si tiene a marzo e ottobre alle fiere di Parma, ho scoperto Soragna, un paesino di circa quattromila abitanti perso nella bassa padana. Soragna pisola, avvolta spesso nella nebbia, circondato da tanti paesini suoi fratelli: Busseto, patria di Giuseppe Verdi, Zibello, la casa del famoso culatello (un salume pregiatissimo fatto con i migliori pezzi del maiale e lasciato maturare nelle nebbie di zona), e poi Fidenza e Salsomaggiore, famosa per le terme.
Sono luoghi sereni, dove la vita scorre tranquilla e operosa, dove si celebra il culto del maiale e del parmigiano reggiano, il tesoro della zona. Ovunque è pieno di caseifici, e gli appassionati possono trovare il parmigiano appena prodotto (quello che è definito “formaggio da tavola” dai locali, in quanto può appellarsi parmigiano solo dopo i dodici mesi di invecchiamento), e poi il mezzano, il 24, il 36, fino al 50 mesi di invecchiamento, fatto col latte delle famose vacche rosse o delle vacche brune. Veramente come stare in una miniera d’oro!
In zona, come detto, mi fermo a Soragna. Lì c’è la Locanda Stella d’Oro, di Marco Dallabona, un ristorante stella Michelin dotato di alcune accoglienti stanze per il viandante che non vuole avventurarsi nelle nebbie dopo un lauto pasto.
Ho sempre mangiato benissimo alla Stella d’Oro: Marco è un oste attento e un cuoco prodigioso. Ti accoglie col culatello della sua selezione, e poi anolini, il savarin con lingua, i ravioli, il risotto al lambrusco, e poi le carni (animelle, maialino, faraona) e perfino i pesci. A volte arrivano in tavola piatti dimenticati, come il musetto di maiale, e la tavola tocca punte sublimi.
Bonus la cantina, enciclopedica, e il bel chiostro dove in estate si cena, sotto un ampio ombrellone.
Ecco, questa è la provincia italiana, quella che mi piace e mi stupisce, e che mi fa sentire a casa. Lo so, è un luogo comune, ma giratela, veramente.
Alla prossima!