Alberto Barranco di Valdivieso ha recentemente curato una piccola ma suggestiva mostra di Angela Occhipinti allo Studio Zecchillo a Milano. Situato nel cuore di Brera, il luogo trasuda storia e mito: è appartenuto in primis al celebre artista Piero Manzoni e poi al baritono Giuseppe Zecchillo (come da noi anticipato qui). Oggi è lo spazio d’arte dello storico Graziano Zecchillo, appassionato divulgatore di bellezza. Fino al 15 febbraio, in questo angolo storico di Milano sarà possibile vedere un’opera della famosa artista nota per due tecniche principalmente.

discosta sensibilmente dal maestro Joseph Cornell e dalla stessa Betye Saar. La sua ricerca infatti è intensamente scandita dai leit motiv che negli anni sono stati fondamento esistenziale e posizione intellettuale dell’artista perugina: l’amore come sentimento universale, che abbraccia ogni cosa, il sé e l’altro, il dentro e il fuori, il vicino e il lontano. E poi la meraviglia della Natura e del Mondo, il viaggio sia geografico che interiore come ricerca non di semplici esotismi estetici o di una fuga bensì metodo per comprendere il “luogo della partenza”. E, ancora, la curiosità per le cose visibili e immaginate, le culture orientali, il misticismo e senz’altro il senso della spontaneità compositiva. Le sue “scatole” lignee, che voglio chiamare boîtes poetiques, incrostate di oggetti spesso recuperati dai viaggi, presentano polverosi colori della terra e della carta antica, della cera, della lana e del ferro corroso dall’acido nitrico – ricordo che l’artista è anche una grande esperta della tecnica all’acquaforte che ha insegnato a Joe Tilson – cromie raramente accese. Pur vero che negli anni ricordiamo serie più vivaci come gli “Aquiloni” degli anni Settanta, gli ori splendenti del “Il Gioco delle Parti” del 2015, i collage delle carte, ma da diverso tempo Occhipinti preferisce toni naturali che giocano con ammirabile coerenza con oggetti di origine orientale e con materiali poveri”.
Angela Occhipinti (Perugia, 1938) è infatti una delle più importanti artiste viventi dell’assemblage ed è considerata anche una delle massime esperte dell’incisione del panorama artistico mondiale. A Parigi ha frequentato negli anni Cinquanta-Sessanta Picasso e Mirò, ha insegnato a Joe Tilson l’arte dell’incisione, a Bologna a lavorato con Giorgio Morandi. Ha lavorato accanto ad artisti italiani e stranieri quali De Chirico, Duchamp, Wilfredo Lam, Man Ray, Paladino, Vedova, etc. È stata presentata da critici come Giulio Carlo Argan, Gillo Dorfles, Flaminio Gualdoni, Rossana Bossaglia, Elena Pontiggia, Tommaso Trini, Allan
Johnson, Clifford Terry etc; da artisti tra cui Salvador Dalì e scrittori come Jorge Luis Borges.
Le sue opere sono conservate in molti musei statali italiani e internazionali come la Biblioteca Nazionale di Parigi e i musei di arte contemporanea di San Diego, New York, Chicago, Parigi, Basilea, Zurigo, Copenaghen, Stoccolma, Berlino, Ankara, Istanbul, Tokio, Hong Kong, Taipei, Taiwan, Seoul etc. Innumerevoli le sue personali in tutto il mondo. Le sue incisioni sono conservate nel prestigioso Gabinetto Nazionale delle Stampe di Firenze e in quello del Castello Sforzesco di Milano Fondo Bertarelli.
È Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. Ha studio nel centro storico di Milano.
Il curatore Alberto Barranco di Valdivieso dice: “Nello studio Zecchillo è un’esposizione simbolica perché Occhipinti ha davvero conosciuto Piero Manzoni, l’artista che viveva in questo luogo di Brera. Per questa occasione abbiamo portato un’opera blu con una piramide arancione al centro. Un’opera densa di simbolismo energetico”.


Nelle foto, scattante durante l’opening della mostra di Angela Occhipinti allo Studio Zecchillo a Milano, l’artista è con il professor Stefano Pizzi.
Lo studio Zecchillo ha quindi in esposizione fino a febbraio 2025 un’opera degli anni 90 che fa parte di un ciclo di lavori astratti di Angela Occhipinti di altissimo pregio. Il curatore ci ha detto: “In questo pezzo d’arte l’artista usa una simbologia di forme e tracciati astrologici che si fanno nel cielo per identificare le stelle. Occhipinti forse è più nota all’estero che in Italia, visto che è considerata una delle più grandi esperte di incisioni nel mondo. Assembla oggetti anche poveri e crea composizioni che generano testi narrativi. I temi sono il viaggio, i sentimenti, la bellezza dello stupore che si crea imparando le differenze. È stata una viaggiatrice, appassionata di Oriente e portava dai suoi viaggi simboli ed elementi di cultura da mettere nelle opere. Un vero talento riconosciuto da decine di istituzioni internazionali che hanno conservato i suoi lavori”.
Oggetti di legno e carta dall’India non sono un raro utilizzo per questa artista eclettica, considerata la più grande artista vivente del suo genere. Nell’ultima mostra allo Spazio Scoglio di Quarto, “Era un ghiacciaio”, ha anche introdotto una denuncia sullo stato ambientale del nostro pianeta. un discorso sull’ambiente. Alberto Barranco di Valdivieso racconta: “Tutti ci accorgiamo dei cambiamenti climatici nella vita quotidiana, ma la giovinezza e apertura verso il mondo che ha Occhipinti è davvero rara. Pensa che il mondo sia la piattaforma dove conoscere persone e luoghi. Ha lavorato con Morandi, Picasso e Dalì. Sono convinto che se vivesse in Francia a quest’ora avrebbe una piazza con un monumento a lei dedicato. Ha opere alla Biblioteca di Francia ed è esposta al Museo di San Francisco“.

Conclude il curtore: “Osservando con attenzione le opere di Occhipinti emerge il desiderio evidente dell’artista di fissare i propri sentimenti al momento dell’esperienza percettiva (penso ai viaggi in Oriente) che l’artista ha trasformato in memoria simbolica, espressione di profonda emozione verso la propria esperienza, come quando si ritorna a casa con il cuore ancora colmo di luoghi inusitati e gli occhi abbagliati di colori purtroppo ormai lontani e irraggiungibili che possono però rivivere nel pensiero; una memoria poetica capace di trasfigurare le forme del reale nella dimensione fantastica della fiaba. E poi c’è quella curiosità legata alla materia del fare, allo sperimentare “fino a farsi dolere la schiena” all’incastro degli oggetti-ricordo continuamente riportati ad una nuova vita come elementi grammaticali del racconto metaforico che trasforma le immagini della realtà in pura visione”.
In foto di apertura: Angela Occhipinti, “Tensione di un arco mobile”, 1990