6 Novembre 2024

Grande prova d’attrice per Giusi Merli ne “Il grande vuoto”

Un'indagine sull'Alzheimer vista nello spettacolo al Teatro Bellini di Napoli. In scena fino al 10 novembre 2024.

6 Novembre 2024

Grande prova d’attrice per Giusi Merli ne “Il grande vuoto”

Un'indagine sull'Alzheimer vista nello spettacolo al Teatro Bellini di Napoli. In scena fino al 10 novembre 2024.

6 Novembre 2024

Grande prova d’attrice per Giusi Merli ne “Il grande vuoto”

Un'indagine sull'Alzheimer vista nello spettacolo al Teatro Bellini di Napoli. In scena fino al 10 novembre 2024.

Cosa accade nella mente di una persona anziana affetta da Alzheimer? Cosa succede quando i ricordi di una vita lunga e intensa sbiadiscono pian piano fino a scomparire del tutto, lasciando il soggetto colpito estraneo a se stesso? E la vita dei familiari quanto viene sconvolta da un morbo che li rendono – agli occhi della persona cara – dei perfetti sconosciuti di cui è meglio diffidare? Sono queste le domande cui si tenta di dare una risposta ne Il Grande Vuoto, spettacolo scritto da Linda Dalisi e diretto da Fabiana Iacozzilli in scena con Giusi Merli al Teatro Bellini di Napoli fino al 10 novembre 2024.

ll Grande Vuoto costituisce la terza parte della Trilogia del Vento che esamina tre tappe dell’esistenza umana: l’infanzia e i maestri che impongono la via da seguire (La Classe), la maturità e il rapporto con la genitorialità (Una Casa Enorme) e la vecchiaia, in cui si indaga l’ultimo pezzo di strada che una famiglia percorre prima di svanire nel vuoto, affidando alla tragedia forse più cupa del teatro shakespeariano, Re Lear, il compito di trasformare il dolore attraverso il gioco teatrale. Questo lento dissolversi è amplificato dal progressivo annientamento delle funzioni cerebrali della madre, una ex attrice, alla quale rimane solo il ricordo del suo cavallo di battaglia, un monologo tratto da Re Lear.

Giusi Merli ne “Il Grande Vuoto”. Dice la regista Fabiana Lacozzilli: “Il lavoro trova risonanze e spunti in “Una donna” di Annie Ernaux, nel romanzo “Fratelli” di Carmelo Samonà e in “I curacari” di Marco Annicchiarico ed è il tentativo di raccontare una grande storia d’amore: quella tra una madre, i suoi figli e un padre che muore.
Il Grande vuoto contamina la narrazione teatrale con il video in presa diretta per raccontare che le fotocamere di videosorveglianza e le loro immagini con visione notturna, permettono a un figlio di continuare a vivere la propria vita ed entrare senza essere visto in quella del proprio genitore. Guardare la propria madre giocare al solitario, fissare la televisione spenta, parlare con persone che non esistono, non farsi il bidet, piangere, stare seduta e ferma sul bordo del letto, passare la notte a tirare fuori dai cassetti fotografie pezzi di carta e mutande sporche per poi rimetterli dentro”.

Allo svuotarsi del cervello della madre fa eco lo svuotarsi di esseri umani dalla casa mentre questa si popola di oggetti, di ricordi che aumentano, pesano e riempiono tutte le stanze. Tra questi, una matrioska acquistata durante una tournée a San Pietroburgo ai tempi d’oro, che diventa emblema di un estremo attaccamento alla vita che si concretizza nella reiterazione del racconto delle circostanze in cui fu presa. Il lavoro trova risonanze e spunti in “Una donna” di Annie Ernaux, nel romanzo “Fratelli” di Carmelo Samonà e in “I curacari” di Marco Annicchiarico ed è il tentativo di raccontare una grande storia d’amore: quella tra una madre (una grandiosa Giusi Merli di cui si indovinano pensieri e alienazioni anche dal solo sguardo), i suoi figli (i convincenti Francesca Farcomeni e Piero Lanzellotti) e un padre che muore (l’ottimo Ermanno De Biagi). I figli, in particolare, sono gli altri due protagonisti della pièce. Condiscendente e viziato il maschio,
tormentata e ostinata nel voler per forza trovare una soluzione alla nuova situazione la femmina. In realtà entrambi sbagliano approccio e lo capiranno solo dopo aver fatto ricorso ad una badante straniera (Mona Abokhatwa) che farà loro scoprire la dimensione del gioco: la finzione teatrale tramite la rappresentazione del Lear come unica realtà riconoscibile e riconosciuta dalla madre.
Spettacolo profondo, amaro ma che non tralascia note di preziosa ironia a far da contraltare alla durezza del tema trattato. In questo, la regia di Fabiana Iacozzilli si dimostra estremamente equilibrata e accurata. Da menzionare anche le belle scene di Paola Villani e gli eleganti costumi di Anna Coluccia. Una produzione Cranpi, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello Centro di Produzione Teatrale, La Corte Ospitale, Romaeuropa Festival con il contributo di MiC – Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna.

Foto di Laila Pozzo – Teatro Bellini sito – Testo a cura di Davide D’Antonio

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Immagine di Christian D'Antonio

Christian D'Antonio

Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it. Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia. Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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