C’è molta umanità residua nelle nostre giornate e i fotografi ritrattisti non possono non tenerne conto. I gesti quotidiani che compiamo e sfiorano la dittatura delle macchine, come il prendere un mezzo di trasporto spersonalizzante con le metropolitane delle città, possono rivelare molto di come si vive oggi. In questo contesto l’artista Marco Cadioli con la mostra di fotografie in bianco e nero Subway portraits in the age of AI – in search for happiness (presso l’anfiteatro Martesana a Nolo, Milano) ha presentato un lavoro realizzato su individui tra il
2018 e il 2022. L’artista ha applicato la lezione della street photography di origine newyorkese, che ormai si appresta a compiere quasi un secolo, con emotico e scritte sovraimpresse complice la tecnologia disponibile con l’intelligenza artificiale. A ogni passeggero, in questa mostra, è associato un livello di contentezza, come se fosse un valore da rincorrere come ci porta a volte a pensare la società della perfezione a tutti i costi.

La ricerca in corso di Cadioli sul rapporto tra fotografia e visione artificiale, avviene in un’epoca in cui dobbiamo confrontarci con l’Intelligenza Artificiale e la sua interpretazione del mondo. Sfruttando lo sviluppo delle tecnologie mobili, il progetto porta gli esperimenti di visione artificiale fuori dai laboratori, in un’esperienza di Street Photography. “Subway Portraits in the age of AI (in search for happiness), 2018-2022”, presenta una serie di ritratti di passeggeri della metropolitana, sovrapponendo ai volti dei soggetti i dati biometrici che determinano la probabilità di un’emozione di base, in questo caso la felicità.
L’atto del fotografare si estende oltre la cattura della luce emanata dal referente e la nuova fotocamera raccoglie dati non visibili all’occhio umano ma utilizzati per elaborazioni successive, come il rilevamento dei volti, il riconoscimento delle immagini o l’analisi delle emozioni umane in tempo reale.
“Subway Portraits in the age of AI” ripropone i classici Subway Portraits realizzati da Walker Evans nella metropolitana di New York tra il 1938 e il 1941, in un periodo in cui si sperimentavano nuove possibilità fotografiche.
Sebbene privo di pretese scientifiche, viene proposto un utilizzo capovolto di un sistema di controllo per misurare la diffusione della felicità in una città, che appare, in realtà, molto bassa.