Ivan Fargnoli è un perfetto esempio di chef italiano cosmopolita. Nato in Lombardia, partito con la passione della cucina ereditata dalla famiglia del padre (campano) ha subito voluto confrontarsi con la ristorazione. Piccoli locali di provincia sono stati il suo battesimo. E poi gradualmente, ma in pochi anni, è approdato alle città di 16 milioni di abitanti nel boom economico cinese. Lo incontriamo al Rialto Bar & Restaurant dell’Hilton Molino Stucky, una delle location più belle di Venezia. Qui Ivan si prende cura della diversificazione culinaria di un posto così prestigioso.
Al Rialto la proposta si basa su una proposta accurata ma di comoda fruizione: aperto per tutta l’arco della giornata offre una cucina di qualità, facile e informale. Un menu internazionale, in cui accanto agli hamburger, alle insalate ed ai sandwich troviamo i grandi classici italiani. Lo scopo è di permettere un pasto completo oppure uno spuntino veloce garantendo la piacevolezza dei sapori, la bellezza della presentazione e l’irrinunciabile salubrità degli ingredienti. Strategicamente collocato al piano terra dell’albergo, dispone di un gradevole “giardino segreto”, celato nel cortile dell’albergo e decorato da piante e fiori, per un’immersione nella freschezza della natura.
Lo chef racconta: “Da due anni sono qui a Venezia, abbiamo tre ristoranti principali. A Rialto facciamo cucina tipicamente internazionale, come hamburger, ceasar salad e club sandwich. Al Bacaromi proponiamo cucina classica veneziana, con pesce, laguna, verdure di Sant’Erasmo, tutto fornito da fornitori locali. I bacari sono posti dove i veneziani vanno a fare l’aperitivo con lo Spritz, quando sono arrivato l’ho assorbito come concetto osservando le abitudini. Mentre ad Aromi c’è una cucina diversa dai canoni dei gourmet soliti. Sono cresciuto professionalmente nei fine dining asiatici e quindi uso molte spezie su cucina italiana. Venezia con l’epicentro della via della seta e l’arrivo delle spezie nella Serenissima, lo storico rapporto con quelle culture esiste già“.
Un bel posto per fare ricerca, quindi: “Io sono di vicino Milano, arrivo da Legnano, da padre casertano e mamma svizzera. Mio padre ha una famiglia grande del sud, con una tradizione famigliare piena di centralità dell’aspetto culinario. Avevo degli zii che mi hanno influenzato. Ma essendo uscito dall’Italia molto giovane sono stato influenzato anche da altro. Nord Europa, Dubai negli hotel prestigiosi, e poi la Cina. Ho iniziato a Shanghai per cinque anni, poi Pechino, viaggiando tra Conrad, Hilton e Marriott”.
Lo chef ha fatto tutte esperienze in hotel internazionali, pur essendo partito come Italian chef anche in Asia. Con le promozioni ha fatto carriera. “Ma ho capito anche molto della cucina italiana come viene fatta all’estero. Anche i grandi chef si devono adattare, alla cultura e al reperimento di ingredienti. In Asia un risotto al dente non lo percepiscono bene, per esempio. Quando sono arrivato nel 2003 in Cina avevo 20 anni e sicuramente gli ‘educati’ alla cucina straniera erano meno che oggi. Ora iniziano a capire e sperimentare con i sapori degli stranieri”.


Con il nuovo menu AROMI non si limita a interpretare la primavera: la riscrive, piatto dopo piatto, come una sinfonia composta con ingredienti e geniali intuizioni. Nel cuore silenzioso della Giudecca, Oriente e radici italiane prendono forma in un’esperienza che non ha definizioni. Non è solo cucina, non è solo racconto, qui la gastronomia diventa un linguaggio.
La cosa straordinaria del percorso di Ivan è che non consoceva struttura del Molino Stucky. Ed è stata subito una sfida: “Sono approdato con una situazione difficile, dopo la pandemia. Addirittura il Bacaromi era stato chiuso per due anni. Mi sono adoperato per ricostruire dalle basi. Partendo dai clienti, convincendo i veneziani a tornare. E lavorando su ingredienti, molti rapporti con i fornitori. Ma è capitato nel momento giusto. Avevo proprio bisogno di tornare in Italia, lontano dalle città di milioni di persone cinesi, anche per il mio piccolo figlio a cui volevo dare doppia formazione“.
La responsabilità di creare un buon ricordo nella clientela internazionale c’è: “Un passaggio che mi preme sempre sottolineare è che sento la responsabilità di dare un viaggio culinario con la mia cucina, come è sempre stato per me. In questa ultima mia esperienza professionale, la cosa più importante è stata dare identità precisa ai tre ristoranti del Molino Stucky. Ma anche analizzando ingredienti e composizioni. Solo così si riesce a dare un’impronta precisa a quello che vogliamo far mangiare”.

COSA SI MANGIA DA AROMI
Il menu racconta un percorso in cui le materie prime si intrecciano in contrasti raffinati, in un’esperienza gourmet che è una vera e propria geografia dei sensi. Ingredienti esotici, tendenze vegetariane e vegane, carne e pesci di altissima qualità, declinati in preparazioni complesse in grado di esaltare la semplicità degli ingredienti. Ne sono esempio il Salmone marinato con caviale e salsa thai, che offre un viaggio sensoriale con intensità esotiche. La Tartare di Fassona con senape Karashi, midollo e whiskey offre una lettura intensa e strutturata della carne cruda, mentre l’Amberjack sashimi con kefir e caviale di aringa rilegge l’idea di crudo marino con tocchi di fermentazione e mineralità. Il signature dish Consommé d’anatra alle spezie orientali si impone come momento contemplativo, sospeso tra oriente e memoria.
I primi piatti sono un’ode alla creatività esaltata dalla tecnica. Il Risotto ai carciofi e Cynar, frutto di mesi di ricerca, stempera con eleganza l’amaro vegetale del carciofo, in un equilibrio perfetto di sapori. I Tortelli di fegatini alla veneziana sorprendono con un gioco di zafferano, limone e liquirizia. Spiccano gli Spaghetti al nero di seppia con bisque allo yuzu kosho e ricci di mare, vera sinfonia di mare e spezie, e la Mafaldina con tartare d’agnello e lavanda, un piatto che trasforma l’aromaticità in gesto gastronomico. Tra i secondi, l’iconico Glacier 51 con chorizo e bouillabaisse sposa armonicamente il gusto della carne con il sapoere del pesce e si fa testimone di terre lontane. Il Controfiletto d’agnello con asparagi e tartufo riporta l’esperienza gustativa nell’essenza del grembo della terra. La rinomata carne Wagyu con pak-choi e ‘nduja chiude la sezione con una nota di potenza e complessità. Non manca l’attenzione anche per universo vegetale, con creazioni come la Melanzana con pomodoro, Parmigiano e basilico, essenziale nella forma, nobile nel gusto.
La chiusura è affidata a un capitolo di intensa emozione: “Sweet Memory”, una collezione di dessert in cui la pasticceria si fa arte narrativa. Dal Tiramisù reinterpretato con tocco personale dallo Chef, fino a sperimentazioni sorprendenti come il Gelato all’aglio nero con kumquat e formaggio fresco, ogni dolce è un universo a sé: la Crema inglese al popcorn con panna cotta al latte bruciato e caramello di mais. Il viaggio termina con creazioni ispirate alla natura, come il Risolatte con piselli e crumble salato, e il Cocco, mango e lime, epilogo fresco e solare.

La tradizione della Serenissima è al centro di Bacaromi, luogo amato e frequentato principalmente da veneziani, oltre che da viaggiatori e turisti in cerca di esperienze locali. La selezione attenta delle materie prime e dei prodotti di prima scelta esaltano il “sàor” dell’arte culinaria veneziana. Il menù di Bacaromi prevede l’abbinamento di una vasta scelta di vini in calice (ómbre o bianchéti) con piccoli cibi e spuntini (cichéti) rivisitati in chiave contemporanea.
L’atmosfera che si respira non appena varcata la soglia di Bacaromi è accogliente e inclusiva. L’arredamento con materiali rustici ma al tempo stesso ricercati e il pavimento di mosaico di piastrelle colorate sono stati studiati per garantire agli ospiti del ristorante un’esperienza conviviale ed evocativa, con un sapore rigorosamente veneziano.
