Può il mito antico evolversi, cambiare connotati estetici e adattarsi alla cultura contemporanea dell’immagine che privilegia la complessità nei tratti essenziali? Ci riesce Sergio Di Paola, giovane artista siciliano che di recente ha esposto a Palermo una serie di lavori a china ispirati ai miti classici. Le sue produzioni evocano le macchie di Rorschach, cromaticamente: le immagini emergono nella mente dell’osservatore, non si rivelano immediatamente. Di Paola usa prevalentemente tre colori: il contrasto tra bianco e nero, tra segno e vuoto, assume un significato metaforico profondo. L’artista dice: “Non vi si scorgono figure mitologiche nella loro integrità, ma archetipi sospesi nel tempo, presenze enigmatiche tra memoria e oblio“.

dove il passato si fa presente”. L’esposizione si è svolta alla Artetika_galleria di Palermo.
Sergio di Paola è un poliedrico artista di formazione classica che coniuga sperimentazione visiva, tecniche tradizionali e contemporanee in un linguaggio simbolico e visionario. Realizza opere principalmente come disegni, mixed media, pittura.
Queste creazioni presentano figure emblematiche della mitologia, reinterpretate in chiave simbolica: Didone è un’ombra dissolta nel dolore; Narciso si frantuma nel riflesso di un’identità smarrita; Erebo emerge da una massa informe che ne accenna i lineamenti; Medusa è avviluppata nella macchia fremente dalla quale origina; Aracne è intrappolata nell a sua eterna metamorfosi; Cassandra , un livido sguardo intriso del sangue che saprà versato; Pan si manifesta tra segni spezzati, eco di una divinità il cui gri do non scuote più gli animi umani.

Sergio Di Paola racconta: “L’arte diventa così una riflessione sulciclo di morte e rinascita, sulla memoria e sull’oblio. Lontano da una semplice riproposizione della mitologia, questo progetto vuole dimostrare come il mito sia ancora un linguaggio vivo, capace di illuminare le inquietudini del presente. La Rovina degli Dèi non è solo un tema, ma un’indagine sulla scomparsa del sacro e della percezione del divino all’ombra della modernità”.
Queste operenascono dal desiderio d’esplorare la tensione tra visibile e intangibile, caos e ordine, astrazione e figurazione, utilizzando l’inchiostro di china come medium espressivo.Questo fluido imprevedibile diviene il varco attraverso cui il mito si manifesta, in un equilibrio tra dissoluzione e persistenza.

IL TITOLO SPIEGATO AI GIORNI NOSTRI
Chi conosce e frequenta gli archetipi della mitologia lo sa: gli dèi della Grecia classica, creature irascibili, fragili e travolgenti, non erano mai esempi da seguire. Erano entità da temere, potenze da placare, specchi deformanti delle passioni umane. In essi l’uomo proiettava i propri eccessi, il desiderio inconfessato di dominio e di eternità. Ma quando quell’immagine si rovescia e l’ uomo si fa dio, quando erige templi al proprio ego e si adora nell’autocompiacimento del potere, lì comincia la vera rovina.
Gigi Vinci, che ha curato l’esposizione recente, scrive: “La mostra si prefigge di esplorare altri aspetti più intimisti attraverso delle fluide chine e psicologiche macchie, il fascino sinistro ed esoterico di figure mitologiche nell’espressione dei loro vizi e dei loro vezzi. Il tutto conduce, attraverso un pr ocesso di anamnesi, alla mostruosità che, determinate volte, si cela nella condizione umana, la quale spesso porta l’uomo all’ autodistruzione, rovinando dalla divinità che di sé stesso ha fatto ed a cui ha reso paganamente culto”.

Su tutto, il talento di Sergio Di Paola, che è creativo multiforme ed estende la propria ricerca (e si percepisce) anche alla scrittura. Le sue opere senza i titolo appropriati che ha scelto varrebbero di meno. La cifra stilistica di Di Paola è un mirabile gusto senza tempo che dialoga con la sensibilità attualizzata nelle nostre vite. Che in fondo non sono così diverse da quelle dei nostri predecessori: amore, vita e morte ne sono una costante.

