La poesia a voce alta e cuore nudo. C’è una poesia che non si studia, si ascolta. Paolo Agrati la raccoglie in Postumi da poesia, un libro che assomiglia a un diario parlato, tra fragilità sbandate e verità sussurrate a denti stretti. Con Postumi da poesia torna Paolo Agrati e conferma la sua vocazione per una parola scenica, tagliente, viva.
Classe 1974, autore, performer e agitatore culturale, Agrati è una delle figure più attive della poesia orale italiana. Ha calcato i palchi di poetry slam, festival e teatri, facendo della lettura pubblica un’estensione naturale della scrittura. È fondatore di Slam Factory, vuole bene a Tim Burton, ama Tom Waits e ha all’attivo numerose raccolte, fra cui Tecniche di seduzione animale, Amore &Psycho, Poesie brutte e il più intimo Partiture per un addio, libro che mostrava già una capacità peculiare nel far convivere la delicatezza del lutto con l’asprezza dell’ironia.

Il titolo di questa nuova raccolta è già un ossimoro folgorante: Postumi da poesia evoca l’idea che iversi possano lasciare un residuo, un effetto collaterale, qualcosa che resta — nel corpo, nella voce, nella memoria. Non si tratta di una poesia da biblioteca, ma di un dire vissuto, impuro, contaminato. Agrati scrive come parla, o forse parla come scrive: in ogni caso, la sua lingua è accessibile ma mai piatta, diretta ma non semplicistica.
Nei suoi testi si intrecciano lo slam e il monologo interiore, la cronaca sentimentale e l’assurdo domestico. Gli oggetti, le relazioni, le frustrazioni e i desideri emergono senza retorica, con una malinconia che non cede mai al lamento. C’è una tenerezza che passa per la brutalità, una voglia di carezzare con parole spigolose, come chi non teme di graffiare per arrivare più a fondo. In controluce, Postumi da poesia è anche una riflessione implicita sul senso stesso dello scrivere oggi, fuori dai canoni accademici, fuori dalla poesia da salotto, dentro invece la carne del tempo, tra bar, periferie, solitudini e notti inquiete.
Agrati ci offre versi che sembrano pezzi di voce, frasi già in bocca, in bilico tra confessione e invettiva. Ed è qui che la sua poesia e quella degli altri trova casa, nel ritmo, nel fiato, nella presenza. Agrati questa volta si mette dietro alla poesia e ai poeti indagando e portando in superficie il dietro alle quinte. “Questo libro nasce da una curiosità semplice: chi sono davvero i poeti? Non sempre figure eteree eispirate, ma spesso persone imperfette, controverse, persino sgradevoli. Ubriaconi, disadattati, provocatori, capaci di scrivere versi bellissimi o terribilmente sbagliati. Raccontarne le vite, tra duelli, fallimenti editoriali, cani morti e lune indifferenti, mi ha aiutato a capire che la poesia è un gesto profondamente umano, fatto di domande più che di risposte. Postumi da poesia è questo, storie e parole nate dal bisogno di raccontare ciò che resta, anche quando il verso finisce”.