C’è addirittura il video dell’arresto di Keith Haring nella mostra About Art allestita a Palazzo Reale di Milano. Giusto per ricordarci che i geni spesso sono incompresi.
Keith Haring è morto a 31 anni nel 1990 ma già in vita era un dio dell’arte pop, forse confuso con uno strampalato street artist qualsiasi. E da molti, considerato niente più che un grafico garbato da cui trarre ispirazione per t-shirt e spillette. E già in vita era lui stesso a regalarle al suo pubblico, specialmente durante degli happening collettivi, che avvennero anche in Italia, in cui coinvolgeva grandi e piccoli e li faceva dipingere assieme.
Ora Milano, nuova capitale dell’arte moderna, ospita la grande retrospettiva dal 21 febbraio al 18 giugno 2017 in cui Keith Haring (1958-1990) nelle sale di Palazzo Reale è trattato alla stregue di Picasso o Andy Warhol.
E a Warhol deve tanto Haring, come dice lui stesso in un claim: “Andy ha reso tutto possibile” e gli dedica una reinterpretazione dei topolini con il simbolo dei dollari. Ma il piatto forte della mostra voluta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, Giunti Arte mostre musei e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, con la collaborazione scientifica di Madeinart e con il prezioso contributo della Keith Haring Foundation, sono le opere di grandi dimensioni.
Oltre alle prime prove d’artista di tardi anni 70, curiosamente posizionate al termine della visita, a Milano si vedono 110 opere, molte di dimensioni monumentali, alcune delle quali inedite o mai esposte in Italia. Ci sono pezzi interi (circolari) di murales staccati e conservati, dipinti sui materiali più strani come metalli o stoffe plastificate.
Secondo l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno “l’esposizione sviluppa un percorso critico nuovo che per la prima volta accosta le rappresentazioni pittoriche, i graffiti e i video delle performance di Haring a opere che hanno rappresentato gli stimoli creativi del suo personale immaginario, provenienti dalla tradizione classica, tribale e pre-colombiana, passando dal Rinascimento per arrivare fino all’arte del ‘900”.
Quindi se c’è un graffito che ricorda gli azztechi, accanto troveremo le origini, così come sono ripescati i miti greco-romani che erano alla base di alcune scene caratteristiche di Haring riprodotte migliaia di volte ovunque che vi faranno esclamare: “Ah ecco!”.
Keith Haring si è ispirato e ha riscritto alcuni episodi della tradizione classica, di arte tribale ed etnografica, di immaginario gotico o di cartoonism, di linguaggi del suo secolo e di escursioni nel futuro con l’impiego del computer in alcune sue ultime sperimentazioni.
Morto di Aids nel 1990, ha lasciato che la sua foundation, diretta per suo volere dalla fida Julia Gruen, continuasse il suo celebrato impegno di artista-attivista. “Keith voleva che si tutelasse la sua arte – dice Julia arrivata a Milano a vedere la mostra con grande commozione – ma anche che si aiutassero i giovani a essere istruiti e i malati di Aids a essere curati. E noi ci muoviamo ancora in questo senso“.
Tutti oggi sottolineano il valore straordinario di questo artista, che ha lavorato con i più grandi di fine 900 e che era riconosciuto dai suoi contemporanei come unico e anarchico, nel senso che non aveva mai seguito un filone preciso ma aveva creato il suo. E così è diventato non solo ambasciatore dell’arte americana del suo secolo, ma egli stesso un simbolo dell’America degli anni 80.
Il catalogo, pubblicato da GAmm Giunti/24 ORE Cultura, comprenderà oltre a una vasta biografia illustrata e a tutte le opere esposte, i saggi del curatore, Gianni Mercurio, Demetrio Paparoni, Marina Mattei e Giuseppe Di Giacomo.