Simona Ventura e le buone intenzioni della tv che guarisce da se stessa
“Dietro ogni cambiamento c’è sofferenza” specifica Simona Ventura quando riparte con Selfie – Le Cose Cambiano, il make-over show di Canale 5 che riparte per la seconda serie lunedì 8 maggio.
Cosa ha spinto l’ammiraglia di Mediaset a riproporre subito un programma andato bene in sei puntate a pochi mesi dal debutto è il riscontro. Da tv commerciale, Canale 5 ha fiutato il bisogno che c’è tra i telespettatori di liberarsi dai fardelli estetici che li puniscono. E il bisogno c’è: è tutto in quelle 40mila domande che Ventura e gli autori hanno analizzato una ad una.
L’allarme ora non è che una tv generalista prometta il cambio estetico chirurgicamente ai suoi affezionati aspiranti protagonisti. È che in Italia nel 2017 ci siano 40mila persone che si rivolgono alla tv per alleviare le proprie sofferenze. Forse la spiegazione è tutta nel candore con cui SuperSimo tratta le storie: “Non possono per motivi economici e la ricchezza nel cuore e la leggerezza che hanno dopo il cambio nell’affrontare la vita ci ripaga. Ho insistito per avere Belen Rodriguez perché lei sa come entrare in ampatia col pubblico e le ho promesso che il programma avrebbe cambiato anche lei. E così è stato”.
Una terapia collettiva del cambiamento insomma. Andando in tv i protagonisti scelti dal “pubblico comune” per la drammaticità delle loro storie (bullismo, persecuzioni) per difetti estetici, si prendono una bella rivincita pubblica. Ascoltando le storie dei più sfortunati, anche chi fa la tv improntata da sempre all’esaltazione del corpo, ne esce vincente. Perché ci si sente inevitabilmente più fortunati a confrontarsi con chi i problemi li vive nel quotidiano. Che poi a “salvare” dallo scherno siano proprio personaggi popolari che hanno fatto loro stessi del “ritocchino” una necessità vitale per la loro immagine, è un dettaglio non trascurabile.
Ecco che siamo quindi arrivati all’implorazione popolare che sta alla base di Selfie: la cara tv che dopo anni di proposta di uno standard estetico, propone la “guarigione” dai difetti e la trasformazione di se stessi in pubblico. Vero, aiuta così a liberarsi dal complesso, ma è pur sempre un complesso che in qualche modo ha contribuito a formare.
Ma la riuscita del programma è forse proprio nella sintesi di queste due anime, quella di chi lo conduce e di chi lo fruisce, che alla fine tendono alla sola direzione possibile in una tv commerciale. Aderire a un modello estetico che fa star bene sia chi la fa che chi la usa per cambiare.
Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it.
Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia.
Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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Una terapia collettiva del cambiamento insomma. Andando in tv i protagonisti scelti dal “pubblico comune” per la drammaticità delle loro storie (bullismo, persecuzioni) per difetti estetici, si prendono una bella rivincita pubblica. Ascoltando le storie dei più sfortunati, anche chi fa la tv improntata da sempre all’esaltazione del corpo, ne esce vincente. Perché ci si sente inevitabilmente più fortunati a confrontarsi con chi i problemi li vive nel quotidiano. Che poi a “salvare” dallo scherno siano proprio personaggi popolari che hanno fatto loro stessi del “ritocchino” una necessità vitale per la loro immagine, è un dettaglio non trascurabile.
Ecco che siamo quindi arrivati all’implorazione popolare che sta alla base di Selfie: la cara tv che dopo anni di proposta di uno standard estetico, propone la “guarigione” dai difetti e la trasformazione di se stessi in pubblico. Vero, aiuta così a liberarsi dal complesso, ma è pur sempre un complesso che in qualche modo ha contribuito a formare.
Ma la riuscita del programma è forse proprio nella sintesi di queste due anime, quella di chi lo conduce e di chi lo fruisce, che alla fine tendono alla sola direzione possibile in una tv commerciale. Aderire a un modello estetico che fa star bene sia chi la fa che chi la usa per cambiare.
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Christian D'Antonio
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