25 Febbraio 2021

Palazzo Barberini apre nuove sale

Riaperto al pubblico, dal 1 febbraio 2021, Palazzo Barberini, sede delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, che si potrà visitare dal lunedì al venerdì.

25 Febbraio 2021

Palazzo Barberini apre nuove sale

Riaperto al pubblico, dal 1 febbraio 2021, Palazzo Barberini, sede delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, che si potrà visitare dal lunedì al venerdì.

25 Febbraio 2021

Palazzo Barberini apre nuove sale

Riaperto al pubblico, dal 1 febbraio 2021, Palazzo Barberini, sede delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, che si potrà visitare dal lunedì al venerdì.

Dopo mesi di chiusra, a febbraio 2021 uno dei luoghi simboloci dell’arte e cultura a Roma è stato riaperto. Palazzo Barberini, sede delle Gallerie d’arte Antica, con tre mostre è di nuovo visitabile in questo momento di perdurante incertezza. L’arte alcune certezze le offre sempre: qui si viene per la bellezza del luogo e la necessità di istruirsi. In questi mesi poi, è stata portata avanti “la ricerca e i progetti del Museo, oltre al restauro di molte opere e nuove acquisizioni” dice la direttrice, Flaminia Gennari Santori.

Al momento cinque ambienti di Palazzo Barberini sono allestiti con le opere della mostra Italia in-attesa. 12 racconti fotografici, tre dei quali mai aperti al pubblico in qualità di spazio espositivo:

Sala delle Colonne, piano terra –nuova apertura

Cucine novecentesche, piano terra –nuova apertura-

Sala dei Paesaggi, piano nobile

Sala Ovale, piano nobile

Serra ottocentesca, giardini del Palazzo Barberini –nuova apertura.

Le sale di Palazzo Barberini, che rispecchiano anche la storia architettonica dell’edificio, dal Seicento al Novecento, diventano così lo spazio fisico, storico e contemporaneo a un tempo, che accoglie il racconto visivo dell’Italia del 2020.

SALA DELLE COLONNE

Il nome deriva dalla coppia di colonne in granito, ornate da raffinati capitelli in marmo greco, che poggiano su due blocchi di scavo in marmo cipollino. Fu il cardinale Francesco Barberini (1597-1679) a darle l’aspetto attuale per esporvi parte della sua collezione di antichità. Precedentemente, almeno fino al 1644, era divisa in due ambienti, con la gallerietta o “corridore” e la stanza affrescata da paesaggi tra finte colonne dipinteadibita a biblioteca del cardinale Antonio Barberini (1607-1671), fratello minore di Francesco. La fontana di Bacco al centro della parete ha un fastoso disegno architettonico riconducibile a Pietro da Cortona. Mostra in alto lo stemma congiunto dei Barberini e dei Giustiniani. Fu realizzata nel 1653 in occasione del matrimonio fra la dodicenne Olimpia Giustiniani, pronipote di papa Innocenzo X Pamphili, con Maffeo Barberini, pronipote di Urbano VIII. Le nozze erano state escogitate proprio dal cardinale Antonio per riconciliare le due potenti famiglie e consentire, dopo anni di esilio in Francia, il rientro dei Barberini a Roma. Alla morte del cardinale Antonio, nel 1671, l’intero piano terreno passò al cardinale Francesco, che promosse un’intensa campagna di lavori. Il cortile adiacente alla sala venne scavato in questa circostanza. La stanza fu ingrandita: fu demolita la parete della galleria, inserite le colonne antiche, aperte le due finestre sul cortile e rinforzato il pavimento che poggiava su quelle che erano le cucine, al piano interrato. Venne anche rielaboratala decorazione, ad opera del pittore di corte Michelangelo Marulli detto il Maltese, che realizzò sulla volta della galleria il cielo attraversato da nuvole e uccelli. La sala, dalle cui finestre si scorge il ponte che conduce ai giardini, acquistò così spazio, luce e solennità.

CUCINE NOVECENTESCHE

In origine, tra il 1635 e il 1642, quando l’edificio era abitato dal giovane cardinale Antonio Barberini, il locale era “la stanza del leone”, dove era tenuto uno degli animali esotici allevati a palazzo,portato qui dalle coste della Libia.L’ambiente fu poi adibito ad antiquarium: la cosiddetta “Anticaglia”, dove furono censiti ben 55 marmi antichi. Anche i locali adiacenti erano connessi con il deposito delle statue e dei marmi, poiché vengono indicati nell’inventario delle collezioni del cardinale Antonio, come le “Stanze dove si restaurano le statue, incontro alla dispensa”, mentre le altre sale del piano terreno erano destinate all’esposizione della sua collezione di dipinti. In seguito, intorno al 1677, per volere del fratello, cardinale Francesco, si intrapresero importanti lavori di ristrutturazione anche in questa parte del palazzo e si ricavò l’adiacente cortile interno.Secoli dopo questo spazio non fu più popolato da guardiani di marmo o leoni feroci,bensì, più prosaicamente, dai fornelli e cucine del Circolo Ufficiali delle Forze Armate che nel 1934 si stabilì nel palazzo con un contratto di affitto stipulato con la famiglia Barberini. Nel 1949, il palazzo fu acquistato dallo Stato per farne lasede della Galleria Nazionale, ma il Circolo continuò ad occupare la metà del palazzo. L’Ala Sud del piano nobile fu riservata a ricevimenti e feste e il piano terreno ospitò la mensa e il bar del Circolo. Questo ambiente, destinato alle cucine del Circolo, fu ulteriormente ampliato con un grande corpo di fabbrica in cemento armato che copriva gran parte del cortile. Solo di recente, nel 2006, in seguito alla consegna di gran parte del palazzo al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, si è provveduto al recupero dell’originaria condizione spaziale di questo ambiente, con la demolizione del volume in cemento e il ripristino del cortile adiacente.In occasione di Italia in attesa, la “stanza del Leone”, trasformata in cucina, viene aperta per la prima volta al pubblico e adibita a spazio espositivo.

SALA OVALE

La Sala Ovale, progettata da Gian Lorenzo Bernini nel 1633 e completata pochi anni dopo con le decorazioni a stucco e le sculture, raccorda con ingegnosa fantasia geometrica lospazio interno del grande Salone con il giardino retrostante. In contrasto con l’esplosione di colori della volta dipinta negli stessi anni da Pietro da Cortona, si sperimenta qui l’altro volto del Barocco: una raffinata architettura in bianco totale, priva di immagini dipinte, in cui è utilizzata, per la prima volta in una residenza privata, la pianta ellittica. La sala, coperta da una grande cupola, era parte integrante del nucleo centrale del palazzo che costituiva il collegamento tra le due ali. Un ambiente condiviso da tutta la famiglia, allo stesso tempo spazio chiuso per gli esercizi letterari dei poeti e filosofi della cerchia della famiglia Barberini e spazio aperto sul giardino per gli svaghi estivi. Bernini si appropria qui della forma ovale e ladeclina secondo un gusto severo, usando la luce diffusa per creare uno spazio indefinito e un’atmosfera rarefatta intonata alla funzione della sala, suggerendo una connessione tra l’antico e l’assenza di colori. Le sculture raffiguranti divinità ed eroi non sono mero decoro o arredo, ma spunti di riflessione intellettuale. Alcuni di questi marmi ornano le nicchie sin dall’origine: la scultura raffigurante Hora, personificazione della Primavera, con un capretto ai piedi e i fiori in mano, la statua di Anfione,simbolo della civiltà, con un delfino ai piedi e con la lira in mano (ora persa), la statua di un atleta con il tronco di palma, i busti di due imperatrici romane dalla complessa acconciatura e quello di una Musa coronata di quercia. Immagini funzionali a mettere in scena, nella sala, il potere creativo della parola e dell’intelletto e a esaltare l’idea del palazzo come dimora delle Muse.

SALA PAESAGGI

Nel1859 Il principe Enrico Barberini (1823-1889) commissionò al pittore di ornato Filippo Cretonii decori del soffitto della sala da pranzo del palazzo, già affrescata con le vedute e i paesaggi degli antichi feudi della famiglia. Sulla parete opposta alle finestre, la veduta di quello prestigioso di Palestrina, già feudo Colonna, acquistato dai Barberini nel 1630 dopo il matrimonio di Anna Colonna con Taddeo Barberini (1603-1647), nipote laico di Urbano di VIII e primo principe di Palestrina. Su questa parete il panorama dell’antica Preneste è animato dal corteo di carrozze e dai riferimenti visivi del dominio Barberini: la chiesa e mausoleo di famiglia, Santa Rosalia dagli alti campanili, il palazzo baronale eretto sulle rovine del Santuario della dea Fortuna, e in alto la rocca, ora Castel San Pietro. Su di un’altra parete, la veduta di Villa Barberini a Castel Gandolfo, fatta ristrutturare da Urbano VIII come luogo di villeggiatura. Celebre per il suo parco di lecci secolari e i resti della villa dell’imperatore Domiziano, passò alla Santa Sede dopo la firma dei Patti Lateranensi (1929).

La volta ful’ultimo intervento decorativo del palazzo. Sopra il fregio, decorato da festoni di frutta e medaglioni con i segni zodiacali, lo spazio dipinto è carico di fiori, amorini in volo, e dallo stemma congiunto dei Barberini e degli Orsini, in riferimento a Teresa Orsini, sposa di Enrico nel 1853. Dalla loro unione nacque Maria (1872-1955), ultima discendente della famiglia a vivere nel palazzo.Queste vedute della campagna romana, luminose e suggestive, benché oggi sbiadite dal tempo, erano dunque, realmente, immagini di famiglia e paesaggi della memoria, ma anche luoghi di affermazione delle strategie politiche della famiglia, che evocavano i fasti di un tempo, ormai in declino, e richiamavano un’ideale di continuità e identità. SERRA La serra fu progettatadall’architetto Francesco Azzurri (1827 –1901) in occasione della risistemazione ottocentesca del giardino Barberini. Con l’Unità d’Italia,il giardino, quasi un parco nel cuore della città, subì drastiche riduzioni per la “febbre edilizia” di Roma capitale che veniva allineando i suoi ministeri lungo via XX Settembre. Venne demolito anche lo sferisterio, il campo dove si giocava la palla a mano, aperto al pubblico agli inizi dell’Ottocento. Altre manomissioni ci furono con la costruzione della palazzina Savorgnan di Brazzà, oggi sede del Circolo Ufficiali delle Forze Armate, alle spalle della casina in sughero dei giardinieri. La palazzina, opera degli architetti Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini (1936), comportò il trasferimento della statua di Apollo e l’eclatante scoperta, durante gli scavi di fondazione, del Mitreo del II secolo d.C. Nel Seicento, il giardino era un magnifico teatro di natura e arte. Ispirato dal culto dei fiori dei nipotidi Urbano VIII, il cardinale Francesco e il cardinale Antonio, la straordinaria piantumazione del giardino si basava su una conoscenza botanica senza paragoni del gesuita Giovan Battista Ferrari (1582/85-1655). Come richiedeva la magnificenza della “reggia del sole”, a metà tra il palazzo di città e la villa, e come suggeriva la simbologia barberiniana delle api, il giardino era la metafora della nuova età, fiorita per merito dei Barberini. La disposizione seguiva precise regole di simmetria. Vi era il settore del giardino all’italiana, con aiuole delimitate da siepi, erme e vasi di agrumi, dove si coltivavano fiori pregiati, tra cui rare piante “indiane” importate dalle Americhe, e il settore più selvaggio, con piante d’alto fusto e boschetti. Non mancavano i giardini segreti ornati di fontane, come quello del cardinale Antonio, con aiuole di narcisi, orchidee, tulipani, e anemoni (una varietà era detta “Cardinal Barberino”). Popolavano i viali le sculture della collezione Barberini di antichità, tra cui lastele egizia in granito di Amon-Ra, il dio sole, proveniente dal tempio di Iside nel Campo Marzio, e ancora oggi nel giardino.

PALAZZO BARBERINI. via delle Quattro Fontane, 13 – Roma Orari: lunedì-venerdì, dalle ore 10.00 alle 18.00. La biglietteria chiude alle ore 17.00

Fotoservizio da Palazzo Barberini – Roma di Alberto Novelli

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