Il duo milanese Duopop quest’anno con un summer tour tra Lazio, Umbria, Emilia-Romagna e Lombardia si sono fatti strada nel cuore degli ascoltatori. Coetanei del 1997, partiti da Milano, Dylan Curcio e Luca Benetta (in arte Lumiero) con la partecipazione a livello autorale de I miei migliori complimenti e Testacoda, hanno lanciato un singolo ironico e orecchiabile, “Basilico” che nasconde un significato più profondo dell’easy-listening con cui si presenta. Il pezzo rappresenta l’apologia di una persona che si dimentica il significato della parola “cura”. Pollice verde o no, il basilico sarà per sempre quella pianta che rischierai di far appassire, sia che la innaffi troppo sia che la innaffi troppo poco.
“Per noi – ci raccontano – ‘Basilico’ tocca una tematica generazionale, racconta di una relazione normale, sia emotiva che tra semplici amici che però ha risvolti inaspettati. L’umore di ‘Rumore’, il prossimo singolo, invece è da stagione autunnale, pieno di emotività e si riferisce al periodo in cui una relazione si perde. La canzone fa riferimento al buio delle perdite, anche quelle famigliari, fondendo malinconia e speranza”.
I Duopop, pur avendo influenze comuni, arrivano da due mondi che sembrano essere opposti e questo si riflette nella musica che fanno: Dylan arriva dal mondo rap, Luca invece da quello melodico italiano. Dopo i singoli “Cuore mio”, “Piccola stronza” e “Morso” sul collo” e numerosi live in apertura ad artisti come Naska, Galeffi, Bnkr44, Finley, nel maggio 2023 hanno dato prova della loro ecletticità l’EP “Stupidi Fiori” (ADA). Dylan dice: “La musica dovrebbe parlare di cose concrete, sono un fan della musica politicizzata molto esplicita, ma adesso l’importante è mandare messaggi più concreti, parlare di cose succedono realmente”. Luca specifica: “La dimensione nazionale ha perso rilevanza rispetto a ciò che succede nel mondo. Per questo le tematiche che stanno dietro òe canzoni, seppure personali, si riferiscono a cambiamenti sociali che sono nella cultura occidentale. Siamo legati al cambiamento del ruolo dell’uomo, per esempio, che è un tema molto sentito. L’abbiamo raccontata parlando del ‘maschio-beta’, che si riferisce al declino del maschio-alpha”.

“Abbiamo tante influenze in comune ma allo stesso tempo veniamo da mondi diversi. Dylan arriva dal mondo rap, Lumiero invece da quello melodico italiano, ma entrambi siamo stati grandi fan per esempio del movimento milanese del 2016 o di gruppi dei ’90-2000 come i Lunapop, subendo il fascino di quella musica che ascoltavamo in macchina con i nostri genitori da bambini nei 2000”.
Le loro canzoni, anche se intrise di sapori contemporanei e sintetizzati, nascono nella forma più classica: “Da un giro di chitarra o pianoforte, da tempo abbiamo abbandonato la ricerca dei beat sull’archivio di YouTube. Vogliamo che poi la scrittura si vesta con abiti pop, perché l’aspirazione di questo progetto è essere cantato dalle persone e soprattutto che sia occasione di far vivere a chi ci ascolta quello che noi viviamo“.
Luca spiega così la diversità della loro produzione, che va da momenti scanzonati a pensieri più riflessivi: “La tematica viene fuori dalla comunicazione che vogliamo dare ai singoli brani, abbiamo sempre dato importanza alla narrazione coerente. Ci piace sperimentare con il pop mainstream e la non banalità”. Dylan, che sottolinea come Duopop permetta “identità diverse al progetto, comunicando emotività diverse perché parte da storie autobiografiche“, dice di apprezzare del suo partner musicale “la metodicità e la serietà sul lavoro“. Di contro Luca dice che il punto forte dell’amico sia “La capacità di rapportarsi con le persone con cui lavoriamo, un’arma segreta che ci ha sempre permesso di riuscire a fare entrare nella nostra visione gli altri e mantenere l’attenzione”.
I Duopop non sono amici da una vita e questa freschezza la si percepisce in come si presentato: conosciuti artisticamente durante il lockdown del 2021, si sono frequentati per creare musica in quel momento buio della storia. “Ci compensiamo molto – dicono ora – in due anni abbiamo intersecato le nostre radici, l’attenzione alle melodie e ai testi. Oggi il mondo indie si è fuso con le influenze urban e questa evoluzione che ci rappresenta molto è in qualche modo l’ossatura di quello che viene chiamato It Pop”.

La piccola fedele fanbase che si stanno costruendo, apprezza: gli ascoltatori si rivedono in quello che Duopop pubblica: “Sono canzoni davvero nostre in maniera completa, e già trovare il modo di spiegarsi è una bella conquista. Quando ci siamo accorti di aver un pubblico che sentiva e e si ritrovava nelle nostre esperienze personali, la nostra musica ha preso una piega più condivisibile. Possiamo ammettere che sono canzoni da sindrome di Peter Pan, ma ci sentiamo in linea rispetto alla nostra età. Siamo di una generazione particolare perché a cavallo tra il vecchio e l’ultra-moderno, quelli come noi hanno testimoniato l’arrivo dei social media, non ci sono nati dentro, quindi per noi è un linguaggio consono. Siamo anche legati alla dimensione di quartiere e questo, per chi vive in città come Milano, è una base di pensiero territoriale che è comune”.
Dylan ripensa a come gli ascolti hanno influenzato quello che sono ora: “Dopo tre anni di lavoro assieme le sue influenze si mescolano. Entrambi siamo figli del 2016 che ha segnato il cambio di passo urban nella storia della musica italiana. Ma a me piace anche l’indie e contemporaneamente ascolto vinili di Fred Bongusto. Assieme ci siamo divertiti e ispirati andando a vedere Calcutta“.
L’ambizione per il futuro della loro carriera è ben definita: “Contaminare il pop plasticoso con il retrogusto urban che rinfresca. Vogliamo ringiovanire anche il pop e siamo sulla strada giusta perché siamo due anime diverse. In verità siamo già un featuring di noi due”.
E se i riferimenti stilistici restano saldi (“un feat con i Lunapop sarebbe un sogno realizzato”), le esibizioni dal vivo per i Duopop (affiancati da un polistrumentista) sono vissute come “un empowerment della musica dal sapore più forte. Avventure e disavventure diventano un luogo comune dove incontrare il nostro pubblico, guardarlo in faccia e raccontare in musica e parole la nostra realtà”.