23 Maggio 2025

Latella rispolvera Fo al Bellini di Napoli

23 Maggio 2025

Latella rispolvera Fo al Bellini di Napoli

23 Maggio 2025

Latella rispolvera Fo al Bellini di Napoli

LATELLA RISPOLVERA LA MORTE ACCIDENTALE DI UN ANARCHICO DI FO. Nel dicembre 1969, la strage di piazza Fontana a Milano segnò – con la sua matrice di destra eversiva – l’inizio degli Anni di Piombo in Italia. Per quella strage fu accusato il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli che, durante l’interrogatorio, cadde da una finestra del quarto piano della Questura. Si disse “accidentalmente”, e il caso fu chiuso. Un anno dopo, Dario Fo e Franca Rame – con l’aiuto fondamentale della giornalista dell’Espresso Camilla Caderna― condussero una loro contro-inchiesta che li portò a mettere in scena Morte Accidentale di un Anarchico. Uno spettacolo apparentemente leggero, satirico, sferzante, dissacrante, in cui si mette in ridicolo il Potere nel senso più ampio del termine, e proprio per questo considerato “pericoloso” e che in due anni e mezzo di tournée gli costò la bellezza di quaranta processi, ovunque lo rappresentasse in Italia. A poco più di cinquant’anni dal debutto, il Teatro Bellini di Napoli mette in scena quello che all’estero è (insieme a Mistero Buffo) il testo più rappresentato del drammaturgo Premio Nobel, cosa che in patria avviene ancora – purtroppo – raramente. E lo fa affidandone la regia a un napoletano, tra i registi italiani più apprezzati sulla scena internazionale, Antonio Latella.

La caratteristica peculiare del testo è il ricorso – come già in Mistero Buffo – di alcuni stilemi caratteristici della Commedia dell’Arte, come la creazione di personaggi-maschera del tutto privi di psicologia, come rileva il dramaturg Federico Bellini: «Se è vero che Fo tratteggia figure che hanno un corrispettivo nella realtà dell’epoca, al tempo stesso le caratterizza come archetipi grotteschi a cui paradossalmente pare sfuggire solo il Matto cui, come al Fool di Shakespeare, viene demandata ogni possibilità di dire la verità.» Matto che qui è superbamente interpretato da quell’istrione di Daniele Russo che, come un torrente in piena, ricopre gli altri personaggi di parole, suggerendo tutte le ipotesi più incredibili avanzate all’epoca dei fatti dalla Polizia come possibili cause della morte dell’anarchico. Mentre gli altri, il Questore di Annibale Pavone, il Commissario Bertozzo di Edoardo Sorgente e il Commissario Sportivo di Emanuele Turetta, si affannano a stargli dietro, arrancando ciascuno col proprio fardello (un manichino che si porta ciascuno aggrappato al collo con le fattezze del proprio “pupo”, per dirla alla Pirandello), dapprima tronfio del proprio piccolo ruolo di potere, poi sempre più smarrito davanti ai continui cambiamenti di scenario avanzati dal matto, infine annichiliti dall’ironica logica ferrea che li mette alle corde. Infine, ma non ultima, altrettanto padrona del suo ruolo, Caterina Carpio che interpreta la Giornalista (e qui il riferimento alla Caderna è lampante), unica voce dissonante tra quelle degli uomini fatti oggetti di scherno dal Matto. 

   La regia di Latella si accosta con grande rispetto all’opera originale, pur nella consapevolezza che riprodurre Fo (come anche Eduardo) alla sua maniera sarebbe sbagliato e ridicolo. Ecco, dunque, che si affida al talento dei suoi interpreti e alla sua visione personale del testo, senza però tradirne il contenuto. In più, ricordando i luoghi non convenzionali dove l’autore rappresentava i suoi spettacoli (piazze, fabbriche, etc,) rivoluziona lo spazio teatrale del Bellini (che resterà fino a fine repliche l’unico teatro in cui poterlo vedere), ponendo il pubblico partecipe su delle tribune che occupano il palcoscenico e gli attori che si muovono in sala su di una pedana di legno (ideata dallo scenografo Giuseppe Stellato) che sovrasta tutte le file di poltrone e che ha la forma della sagoma di gesso disegnata dalla polizia attorno a un corpo precipitato. «Per me,  dice Latella,  questa regia è il tentativo di inseguire e ricercare il senso profondo di questa lezione di vita e di arte.  Per fare questo è necessario che io stesso esca dai confini del conosciuto e provi ad entrare in nuovi territori. Fo ci consegna una sua verità, quella del Matto. Il Matto può destabilizzare e creare una folle e inaudita cascata di parole, ad una velocità tale che si fa fatica a stargli dietro, quasi come se il testo di Fo fosse la rappresentazione verbale della caduta stessa. La verità del Matto è quella di chi se ne fotte della logica, delle convenzioni, della forma, andando a creare un testo multiforme e politicamente scorretto, un’opera che, alla fine, fa dire al matto: “Perdio, siamo immersi nella merda fino al collo; ma è per questo che noi Italiani camminiamo a testa alta”.»

Articolo di Davide D’Antonio

Una produzione del Teatro Bellini di Napoli, costumi realizzati presso il Laboratorio di Sartoria del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. Repliche fino a dom. 1° giugno 2025.

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