L’incantevole Villa Rufolo a picco sulla costiera amalfitana è il teatro espositivo della nuova mostra installati a di Anselm Kiefer. Nel comune di Ravello in provincia di Salerno, Fondazione Ravello Festival e Lia Rumma Gallery espongono opere dell’artista tedesco, noto per aver trasformato anche il territorio circostante al suo studio di lavoro con cunicoli scavati e percorsi di arte inedita. Lo scenario della Costa d’Amalfi lo ha sicuramente ispirato e le figure femminili che riprende sono di grande impatto.
Al centro dell’intervento la figura femminile come archetipo e forza generatrice, distruttrice, iniziatica. Le “donne” evocate da Kiefer sono presenze mitiche e simboliche: emergono dalla storia romana, dalla mitologia greca, dalle tradizioni nordiche, come testimoni e narratrici di un sapere antico, sospese in uno spazio fuori dal tempo, tra rovine, memorie e ritualità.
Il percorso espositivo tra l’esterno e l’interno di Villa Rufolo apre un dialogo scenico tra le opere e il complesso monumentale del XIII secolo: sono sette “Le Donne dell’Antichità” che abitano gli spazi aperti, dal chiostro al giardino. Anselm Kiefer racconta così la genesi di queste figure femminili: «Ho letto Saffo su testi di uomini che hanno tramandato la sua poesia. Nella storia ci sono così tante scienziate e alchimiste che non hanno potuto firmare i loro trattati perché erano donne. A volte la firma è solo l’iniziale, altre il nome del marito. Le donne sono sempre state molto più potenti degli uomini per questo gli uomini hanno inventato ogni stratagemma culturale per lasciarle ai margini».

Sculture immacolate di corpi senza volto, teste assenti, sostituite da materiali stratificati come piombo, cenere, terracotta, fiori, rami, vetro, filo spinato: un linguaggio potente e poetico che riflette sulla memoria collettiva, sul rapporto tra mito e contemporaneità, tra conoscenza e trasformazione.

Sculture immacolate di corpi senza volto, teste assenti, sostituite da materiali stratificati come piombo, cenere, terracotta, fiori, rami, vetro, filo spinato: un linguaggio potente e poetico che riflette sulla memoria collettiva, sul rapporto tra mito e contemporaneità, tra conoscenza e trasformazione.