Il grande racconto delle città italiane parte proprio dalle testimonianze del Grand Tour, quel fenomeno irripetibile di scoperta e ammirazione che gli europei ebbero per la nostra penisola. Lord Byron raccontava: “Qui in Italia le città sono tutte capitali”.
E Attilio Brilli, studioso di letteratura di viaggio, un genere che ha da sempre privilegiato l’Italia per le note responsabilità di bellezza che ci portiamo in eredità, ha raccolto missive come quella dell’aristocratico inglese in un bel libro edito da Il Mulino. Si chiama proprio “il Grande Racconto delle Città Italiane” e arriva in un momento in cui la eco del Grand Tour dell’800 è davvero forte e in grande riemersione tra lo spirito d’orgolgio degli italiani.
Perché per una Roma sempre al centro delle recenti cronache di decandenza, c’è tutta una nazione che lotta con fierezza per l’esaltazione del patrimonio storico. Anche in un anno, come il 2016, in cui i terremoti e altre catastrofi sembrano remare contro questo rinnovato spirito nazionale.
Il viaggio nell penisola attraverso gli occhi degli stranieri ha contribuito storicamente al racconto d’Italia. Nel libro di Brilli, si parte dalle meraviglie di Torino, ma è inevitabilmente al Sud il suo snodo più interessante. Più si scende, e più pare assistere allo sconcederto dei viaggiatori del freddo Nord Europa. La gente, il paesaggio, la cultura, erano quanto di più diverso e affascinante avessero visto l’esperienza del bello italico è talmente intensa che a Stendhal provoca la sindrome da eccesso di meraviglia uscendo da Santa Croce a Firenze,. E Mark Twain scrisse in Innocents Abroad (era il 1869, e il titolo è molto eloquente) la famigerata “vedi Napoli e poi muori, mendicanti, principi e vescovi passano gomito a gomito in tutte le strade processione più variopinta e promiscua che occhi umani abbiano mai visto e contemplato”.
Pare che le città e le antiche rovine che svelano, parlino a questi viaggiatori increduli di oltre due secoli fa. E le loro memorie ci fanno da monito, ma stimolano anche curiosità e riscoperta di alcuni aspetti che spesso sottovaluutiamo. I caratteri, le personalità degli edifici, il viaggio all’origine di quello che ha contribuito alla formazione del bello “dal gusto italiano”, lo ritroviamo in queste cronache storiche e nelle immagini.
Brilli aveva in passato curato l’edizione italiana di una raccolta di scritti della scrittrice statunitense Edith Wharton, che consigliava al visitatore in Italia di accedere alle città da una via inconsueta per coglierne i tratti originali.
PINACOTECA A SALERNO
Poco battuta dai circuiti artistici canonici, la Pinacoteca Provinciale di Salerno, nel golfo campano che parte da Capri e arriva a Paestum, è uno dei segreti meglio custoditi della nostra Italia.
Artisti salernitani e costaioli (come Luca Albino, autore di Torre Normanna in apertura di questo servizio), cioè quelli che si sono specializzati nell’arte paesaggistica locale, hanno la maggioranza delle opere esposte.
Benché la location sia aperta da una quindicina d’anni, il suo patrimonio di acquisizioni risale agli anni 20/30 e quindi è di grande pregio (artisti che vanno dal XV al XVIII secolo). E soprattutto, ve ne parliamo qui perché il nucleo della sezione artisti stranieri racchiude testimonianze di chi, da secoli, ha deciso di stabilirsi al Sud Italia per raccontarne meraviglie in arte. Il territorio salernitano è sempre stato meta di viaggiatori stranieri, dagli anni del Grand Tour, complice la vicinanza con la costiera amalfitana, Paestum e Pompei. Li potete ammirare nelle interpretazioni pittoriche di Stefan Andres, Lisel Oppel, Michael Theile, Irene Kowaliska, Kurt Craemer, Richard Dölker, Monica Hannasch, Irene Kowaliska, Bruno Marquardt, Vassilij Necitailov , Karli Sohn – Rethel, Michael Theile. E dell’ultimo grande straniero passato di qui, Peter Willburger, austriaco trasferitosi a Raito, a pochi passi da Salerno, nelle alture incantante che danno inizio alla Costiera.