Lupi, cavalieri d’Italia, orsi marsicani, cervi sardi, cetacei hanno avuto in Italia un paladino e ispiratore di tante battaglie a loro favore: nella giornata del World Wildlife Day, il giorno dedicato alla fauna selvatica nel mondo, il WWF vuole ricordare l’impegno di Fulco Pratesi, padre fondatore del WWF Italia, che ha legato il suo nome all’Operazione San Francesco, lanciata nel 1973 assieme al Parco d’Abruzzo per salvare il lupo (e riabilitarlo), alle campagne per salvare l’orso marsicano in Appennino e il Cervo Sardo in Sardegna, alla campagna il Mare Deve Vivere con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla protezione di cetacei, foca monaca e tartarughe marine del Mar Mediterraneo (1978). Fondamentale è stato anche il contributo di Fulco Pratesi alla nascita delle Oasi , tra i primi atti del neonato WWF, e del sistema dei Parchi nazionali, attraverso studi, piani e la spinta all’approvazione della legge quadro sulle aree protette del 1991.
Natura sotto scacco dell’illegalità. Secondo il World Wildlife Crime Report 2024 dell’ufficio ONU per la droga e il crimine (UNODC), il commercio illegale di fauna e flora selvatica rimane diffuso, coinvolgendo oltre 4.000 specie in 162 paesi1. Nel complesso, i crimini contro la natura rappresentano il terzo settore criminale a livello mondiale, generando un movimento stimato tra i 110 e i 280 miliardi di dollari all’anno. Le specie più colpite a livello globale sono il rinoceronte (per il corno) la tigre per la pelliccia o altre parti del corpo ricercate sul mercato illegale internazionale; poi pangolino, elefante (avorio) e molte specie di rettili, pesci e uccelli, alcune delle quali minacciate, anche in Italia, come alcuni rapaci e passeriformi. Infine anguille, cavallucci marini, etc..
Il bracconaggio e il traffico illegale hanno portato a drastici cali di queste popolazioni, alcune delle quali sono in pericolo proprio a causa del prelievo eccessivo. Il bracconaggio su alcune specie crea inoltre effetti a cascata, con ripercussioni sugli equilibri ecologici delle regioni colpite. La rimozione massiccia di predatori e impollinatori altera la catena alimentare e la riproduzione delle piante. La deforestazione legata al traffico di legname riduce la capacità delle foreste di assorbire CO₂, aggravando le conseguenze del cambiamento climatico. La perdita di biodiversità ha anche notevoli impatti negativi sul piano economico, danneggiando settori chiave come il turismo naturalistico (es. birdwatching, escursionismo) e privando le economie locali dei profitti che, grazie alla crescente sensibilità ambientale alla sempre più diffusa ricerca di esperienze sostenibili da svolgere in natura, questo tipo di attività generano in maniera sempre più rilevante. Anche le economie degli Stati sono danneggiate dal bracconaggio perché, da una parte, il mercato nero riduce le entrate provenienti dal pagamento di licenze e tasse commerciali e dall’altra aumentano spese per la repressione di questi fenomeni criminali.
I CRAS Sono oltre 25.000 gli animali accolti e curati nei Centri Recupero Animali Selvatici (CRAS) gestiti dal WWF (in accordo con le Regioni) nel triennio 2022-24. Più di 8.000 nel solo 2024 nei centri di Vanzago e Valpredina, in Lombardia. Più della metà sono stati reintrodotti nel loro ambiente naturale. Il 78% degli ospiti erano uccelli, il 20% mammiferi, l’1% rettili. Le cause che portano così tanti animali selvatici ad aver bisogno di cure sono molteplici: tra le più comuni: traumi, individui rimasti orfani, tentativi di predazione da parte di animali domestici, denutrizione, caccia e bracconaggio.
Il contesto italiano. L’Italia è coinvolta nel commercio di molte specie, sia come mercato di destinazione che come punto di transito per il traffico illegale di fauna e flora. Il nostro Paese è inoltre uno dei più grandi importatori della cosiddetta “deforestazione incorporata”, ovvero di commodities quali cacao, caffè, carne bovina, soia, legname e gomma che per essere prodotte causano la distruzione di migliaia di ettari di foreste ogni anno. Bracconaggio Al traffico illegale di parti di animali si aggiunge il bracconaggio vero e proprio che in Italia è diffuso e radicato, spesso alimentato da tradizioni culinarie, credenze popolari, conflitti o fenomeni di intolleranza. Tra le specie più colpite ci sono i grandi carnivori come i lupi e gli orsi, perseguitati perché accusati di recare danni agli allevatori per poi passare agli ungulati come cinghiali, cervi, daini o caprioli. Molto grave è la portata del bracconaggio sugli uccelli, dai rapaci ai piccoli migratori. Alcune aree del Paese sono specializzate in particolari forme di bracconaggio: nelle regioni del nord si utilizzano trappole e richiami elettronici vietati per abbattere illegalmente piccoli passeriformi come fringuelli, peppole, pispole (destinati a diventare l’ingrediente per ricette come lo spiedo bresciano o la polenta e osei) ma anche rapaci come gheppi e sparvieri, presi a fucilate perchè “colpevoli” di attaccare gli uccelli rinchiusi nelle gabbie e utilizzati dai cacciatori come richiami vivi. Nelle aree alpine vengono prelevati illegalmente dai nidi i tordi, per essere venduti al mercato nero dei richiami vivi. Nelle regioni meridionali vengono catturati illegalmente i cardellini, destinati ad essere rinchiusi a vita in minuscole gabbie e costretti a cantare, diventando nient’altro che un oggetto ornamentale. In alcune aree della Sicilia è accertato il fenomeno criminale del prelievo illecito dai nidi di uova o piccoli rapaci, venduti nel mercato illegale della falconeria. In alcune aree della Calabria si catturano illegalmente ghiri, ancora oggi ritenuti un alimento prelibato da consumare anche in cene rituali organizzate dalla ‘ndrangheta. Non manca, infine, il prelievo illegale di specie ittiche, sia nei fiumi e nei laghi italiani – si pensi alle anguille o alla stragi di cavedani e carpe catturate con l’utilizzo di elettro-storditori nel Delta del Po -, sia in mare: dai datteri di mare ai ricci, dai coralli agli squali, sino ai pesci catturati in periodi di fermo o senza autorizzazione. Infine, all’elenco dei crimini di natura non possono mancare gli incendi boschivi: le statistiche europee ed italiane evidenziano infatti come oltre il 95% degli incendi boschivi sia causato volontariamente o meno dall’uomo. Negli ultimi 10 anni, sono nel nostro Paese, sono stati colpiti dalle fiamme oltre 500.000 ettari di boschi.