La pandemia di Covid-19 ha trasformato profondamente la routine quotidiana delle persone e delle grandi città. E se alcuni cambiamenti sono stati solo temporanei, l’adozione del remote working da parte di aziende e istituzioni ha continuato a diffondersi anche dopo i periodi di lockdown. Si tratta di una trasformazione che, nonostante alcuni passi indietro con la politica del “back to the office”, ha influenzato e continuerà a influenzare non solo la vita dei lavoratori, ma anche gli spazi urbani e i relativi progetti di sviluppo, ponendo le Global Cities, le loro amministrazioni e tutti gli stakeholder coinvolti, davanti a un’inedita serie di sfide e opportunità.
Oggi ci si chiede come evolveranno gli ecosistemi urbani e il rapporto tra centro e periferie. Il lavoro ibrido e da remoto favorirà sicuramente nuovi paradigmi infrastrutturali e ambientali. Ma la sfida per le municipalità è evitare un potenziale aumento delle disuguaglianze.

Sono intervenuti:
Emmanuele BENATTI, Partner, Boston Consulting Group
Luigi BORRÉ, Presidente, EuroMilano; Professore, Università del Piemonte Orientale
Marco BRAMBILLA, Partner, ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel
Emmanuel CONTE, Assessore al Bilancio, Demanio e Piano straordinario Casa, Comune di Milano
Edoardo CROCI, Coordinatore, Osservatorio Smart City; Direttore, Sustainable Urban Regeneration Lab, Università Bocconi
Carlos MORENO, Professore, Università Paris1 Panthéon Sorbonne; Direttore Scientifico, Cattedra “Entrepreneurship, Territory, Innovation (ETI)“, IAE Paris Sorbonne Business School
Roberto OLIVI, Direttore Relazioni Istituzionali e Comunicazione, BMW Italia
Roberta ROBERTO, Ricercatrice e Project Coordinator, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA)
Tobia ZEVI, Associate Research Fellow, Programma Global Cities, ISPI; Assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative, Roma Capitale
L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale è tra i più antichi e prestigiosi think tank italiani e tra i migliori in Europa. L’ISPI analizza le dinamiche politiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale con programmi di ricerca, pubblicazioni, eventi, seminari e corsi. Di recente è stato organizzato un panel sul cambiamento delle città in seguito al boom del remote working, che in alcuni casi ha generato esperienze di lavoro full remote (completamente senza ufficio). Da questo incontro con tante voci autorevoli nel campo della ricerca, politica e attività produttive, è emerso che tutte le politiche incentivanti per i comportamenti virtuosi (car sharing, rispetto ambientale) generano atteggiamenti collettivi che risultano più sostenibili. “La connettività e la rivoluzione tecnologica – sintetizza Roberto OLIVI, direttore Relazioni Istituzionali e Comunicazione, BMW Italia –può generare maggiore accessibilità e interscambio tra trasporto pubblico e privato”.
Marco Brambilla (ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel) si è concentrato sul concetto di luogo, periferia e centro delle città: “L’obiettivo in Europa è riportare i fondamenti della città europea con le nuove esigenze. Diminuisce il traffico, certamente, ma anche l’attività digitale provoca degli inquinamenti, anche se delocalizzati. La periferia deve trasformarsi perché la qualità della vita deve essere l’obiettivo. Pensiamo a Milano, che storicamente si svuota al weekend: la città diventa se stessa periferia perché si svuota”.
Carlos Moreno (Università Paris1 Panthéon Sorbonne) parla invece di nuove centralità: “La funzionalità della città è determinata dagli spazi culturali, la cura, i servizi. Per avere il corretto bilanciamento per l’accessibilità alla casa, c’è bisogno di politiche urbane. Per esempio a Parigi, nella parte ovest ci sono ricchi e benestanti con il 2,2% di case calmierate. Al nord della città la percentuale sale al 40%. Dobbiamo ribilanciare le nostre città per creare un giusto mix. Bisogna introdurre il social housing anche nelle aree ricche. E non solo per portare persone, ma anche negozi, teatri, attività di svago. Si tratta di un modello di business che genera economia, e la città di Parigi si è mossa per creare questo programma“.
Col remote working si vive indubbiamente molto di più la dimensione di prossimità e molte persone restano per gran parte della giornata nel loro quartiere. A Milano si è quindi sviluppata progressivamente una concezione policentrica della città, così come avviene in altre grandi città europee.
Emmanuel CONTE, assessore al Bilancio, Demanio e Piano straordinario Casa, Comune di Milano, ha invece discusso sul tema della dimensione delle città. “I comuni non sono tutti uguali, e la loro gestione va affrontata diversamente. A Milano abbiamo assegnato mille spazi con un programma dedicato alla rivitalizzazione delle aree periferiche. Le saracinesche si sono alzate, ed è fondamentale per il commercio. Ma stiamo facendo molto anche per lo spazio pubblico, cercando di mettere panchine, far vivere i parchi, creare aree ludiche. Il tema degli spazi pubblici dedicati ai dehor delle attività è stato fondamentale per garantire socialità dopo la pandemia. Ora invece si cerca di venire incontro anche all’esigenza di abitabilità e quiete dei residenti”.
Il Covid ha generato un eccesso di spazi per uffici vuoti in tutte le città. Il decentramento dei lavoratori ha cambiato la faccia dell’utilizzo degli spazi. Edoardo CROCI, Coordinatore, Osservatorio Smart City; Direttore, Sustainable Urban Regeneration Lab, Università Bocconi, parla di riconversione: “Le nuove forme di co-working e il riutilizzo degli spazi ha guidato il cambiamento in città come Londra. In Italia il fenomeno non è stato così evidente ma c’è stato un impatto. Se ci sono spazi nuovi non usati è meglio riconvertirli, certo. A volte può andare in alcune città per combattere la crisi degli alloggi. Non è però banale: ci sono barriere di tipo normativo, ma anche fisiche, e non tutti gli spazi sono facilmente riconvertibili”.