12 Maggio 2025

Export agroalimentare italiano: andamento 2025

I dazi americani pesano. Ma diversificare può allargare il campo di azione. Il dato e il sentiment dopo il successo di Tuttofood a Milano.

12 Maggio 2025

Export agroalimentare italiano: andamento 2025

I dazi americani pesano. Ma diversificare può allargare il campo di azione. Il dato e il sentiment dopo il successo di Tuttofood a Milano.

12 Maggio 2025

Export agroalimentare italiano: andamento 2025

I dazi americani pesano. Ma diversificare può allargare il campo di azione. Il dato e il sentiment dopo il successo di Tuttofood a Milano.

Il panorama export agroalimentare italiano 2025 mostra segnali di tenuta ma anche criticità. Con prodotti sempre più di alta qualità in portafoglio, l’Italia fa tendenza a livello mediatico. Ma l’economia?

In generale, nonostante il capitolo pandemia e le difficoltà logistiche, energetiche e di stabilità politica negli ultimi tempi (e oggi più che mai con il discorso dazi), le esportazioni (che come sappiamo rappresentano in generale un terzo del nostro PIL) continuano a essere il punto di forza del settore Food&Wine. Infatti, nonostante la minaccia dei dazi, sono cresciute a inizio anno dell’8,4%. Si tratta dell’aumento delle vendite di food & wine italiano sui mercati internazionali, registrato dall’Ice a gennaio 2025 rispetto al medesimo mese del 2024 (come riportato anche da un recente articolo Sole 24 Ore). Complessivamente, dazi o non dazi, l’export risulta essere in crescita di 7 miliardi e mezzo. Tutto ciò con un incremento costante, come sostenuto in questi giorni anche dal Ministro Lollobrigida (che aveva lanciato anche un videomessaggio interessante durante il Premio Emergente 2025 a Monza).

EXPORT AGROALIMENTARE ITALIANO: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NEL 2025 (‘ERA DEI DAZI’)

Analizzando alcuni dati, risulta che già nel 2024 il nostro agroalimentare era cresciuto del 7,5 per cento, con il vino a 8,1 miliardi (+5,5 per cento) e il formaggio a +6,5 per cento. Ebbene sì, la cosa sicuramente da non dimenticare è che possiamo vantare un’agricoltura nazionale di grandissima qualità, che è in pratica la più green d’Europa. Il tutto accompagnato da un’economia sostenibile e diversificata. Sostanzialmente con la leadership a livello Unione europea nel biologico e il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg (riconosciute).

In questo specifico momento economico internazionale tutti gli attori del Made in Italy stanno lavorando in maniera stretta e sinergica. Mission fondamentale quella di raggiungere la non semplicissima e ‘celebre’ mission fissata dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. In poche parole, trascinare il valore dell’export agroalimentare da 69 a 100 miliardi di euro nel breve termine (2030).
Le Olimpiadi Invernali del 2026 possono costituire, frattanto, un’ottima e ghiotta occasione di traino per tutto il settore.

Per rendere possibile quella mission dei 100 miliardi occorre però colmare i ritardi infrastrutturali dell’Italia. Secondo una recente analisi del rilevante Centro Studi Divulga, essi costano circa 9 miliardi di euro di mancate esportazioni per l’agroalimentare nazionale. Allo stesso tempo, però, serve fermare il fenomeno della contraffazione internazionale, oggi più che mai incisivo a nostro modo di vedere. A tal proposito, infatti, si parla spesso (purtroppo) di Italian Sounding, soprattutto in Sud America (e con particolare focus sui formaggi) ma non solo. Eh già, la vera nostra ricchezza è la tutela del marchio, del brand Italia. Un marchio autentico, di assoluta qualità, un’eccellenza già riconosciuta e apprezzata.

Oggi l’economia Usa, certamente un partner strategico per il Bel Paese, potrebbe secondo alcuni esperti far registrare una recessione. Sarà davvero così? Di certo per un’azienda agroalimentare di eccellenza italiana (che produce ad esempio formaggio o pasta di qualità) produrre direttamente negli Stati Uniti d’America potrebbe essere ben poco conveniente. Questo anche per una questione di caratteristiche storiche, di tradizione, di peculiarità ambientali, climatiche e non solo (tralasciando, magari, il capitolo ‘aziende più grandi’ con relativi e specifici vantaggi fiscali che ci potrebbero essere nei Paesi Bassi.

L’ECCELLENZA MADE IN ITALY IN GIRO PER IL MONDO

Come sottolineato anche da Daniele Bartocci (recente vincitore Top40 Under 40 2025 Business Elite), durante la puntata di Ben… Detto su Rai Isoradio nei giorni scorsi, a livello complessivo le nostre eccellenze Made in Italy trovano validi riscontri negli acquirenti esteri. Ciò indipendentemente dal prezzo finale, perché sono riconosciute internazionalmente con il loro brand, con il loro marchio. Proprio come eccellenze uniche, straordinarie, irripetibili, ben distinte dai cosiddetti prodotti e referenze del Mass Market che saranno inevitabilmente i più colpiti nella celebre ‘era dei dazi di Trump‘.

E’ ovvio d’altronde: chi ne paga il prezzo maggiore saranno i prodotti base standard e non quelli cosiddetti premium (‘mercati di nicchia‘). In ogni caso, in una vision economica più ottimistica, i dazi potrebbero anche essere visti come un vantaggio in quanto potrebbero frenare – sui diversi mercati – competitors di basso livello. Secondo il nostro pensiero, abbiamo know-how, dinamicità e dimensioni giuste in Italia per affrontare la questione crescita export con una ‘certa serenità’ (si fa per dire) ovvero per adattarci ai singoli mercati di rif. sotto ogni aspetto, anche in tempi di dazi o limitazioni appunto…

Da food expert Bartocci dice: “Tutto ciò non significa che non dobbiamo cercare, in nessun modo, mercati alternativi, diversi o compensativi. Perché solo la diversificazione dei mercati, accompagnata dalla nostra grande esperienza e dinamicità, ci permetterà di vendere ed esportare sempre indipendentemente dalla congiuntura economica attuale, o più esattamente dalle difficoltà che potremo riscontrare in singoli e specifici paesi. Così come non significa che non dovremo mai puntare, da qui in futuro, su nuove forme di business/alternativo come Novel Food e Cibi Sintetici. Business che lontano dai nostri confini sembrano poter dare buoni frutti, se non ottimi”.

PAROLA D’ORDINE DIVERSIFICAZIONE

Diversificazione? Lo è stato fatto, ad esempio, all’interno del settore energetico (ma si fa anche nel mondo della finanza), diversificando le fonti energetiche nei differenti paesi e fronteggiando così eventuali crisi, creando una sorta di “compensazione“. In Italia all’interno del panorama agroalimentare, abbiamo realtà imprenditoriali piccole, medie, grandi. E una struttura così variegata e diversificata permetterà di cambiare più facilmente e rapidamente i vari mercati di riferimento su cui puntare, con una certa flessibilità e dinamicità.

PALATO MEDIO DEI CONSUMATORI ALL’ESTERO: UN CAPITOLO INTERESSANTE E DA NON SOTTOVALUTARE

Da non sottovalutare, nel frattempo, il capitolo “Palato Medio” all’estero . Ci sono ad esempio particolari zone dell’Asia (come Giappone India) che prediligono ingredienti più o meno forti, più o meno speziati ovvero più o meno delicati. Il tutto legato al discorso culturale della nazione importatrice, e quindi al fatto che igusti alimentari siano più o meno simili ai nostri. E, a questo riguardo, le strategie imprenditoriali dovranno inevitabilmente optare, oggi più che mai, in un’economia sempre più globalizzata, su creazione di referenze o linee di prodotto specifiche e differenti in base alle peculiarità del paese importatore.

ITALIA AL DECIMO POSTO NELLA CLASSIFICA EXPORT AGROALIMENTARE

Al momento c’è molto spazio per migliorare dal punto di vista dell’export agroalimentare, si può arrivare a livelli molto più alti. Vero che a fine 2024 le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy hanno raggiunto il livello record di 67,5 miliardi di euro superando il 10% dell’export totale nazionale. Ma siamo ancora decimi nella classifica globale di chi esporta di più a livello agroalimentare. Citando qualche paese, la Germania continua ad essere tradizionalmente, da sempre, il nostro primo mercato assoluto per l’export agroalimentare. Nel contempo vediamo diversi paesi importatori di prodotti agroalimentari italiani che stanno facendo registrare notevoli variazioni incrementali da questo punto di vista. Come riportato anche dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi, è possibile riferirsi a Canada, Spagna, Belgio ma anche all’Australia e alla Polonia, altro mercato assai interessante…

WINE AND EXPORT: DATI CHE FANNO RIFLETTERE PER IL ‘2025 DEI DAZI’

Secondo alcuni dati recenti, l’export di vino italiano verso gli Stati Uniti vale quasi 2 miliardi di euro l’anno. Il tutto con una evidente prevalenza dei grandi vini di qualità ovvero dei vini Dop. Si rileva che il mercato statunitense rappresenta da solo quasi il 25% dell’export mondiale del vino Made in Italy. L’introduzione di dazi fino al 20%? Metterebbe secondo Federvini a rischio il cosiddetto Equilibrio Competitivo del Made in Italy. Tutto ciò con un aumento dei prezzi medi all’importazione dei vini Dop.

Unione Italiana Vini, d’altronde, ha recentemente lanciato un allarme: i dazi USA al 20% colpiscono duramente l’export vinicolo italiano. Questo con un danno stimato di 323 milioni di euro all’anno e ben oltre 360 milioni di bottiglie coinvolte.

Articolo realizzato con ricerche dati a cura di Daniele Bartocci

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