Si direbbe cattivo gusto in italiano e tutti a starne alla larga. E invece a New York, complice il lancio planetario di maggio col Met Gala, tutti si sono ributtati nel kitsch grazie alla mostra “Camp. Notes on fashion” che dovrebbe, nelle intenzioni, farci capire cosa è possibile e cosa “impossibile” mettersi addosso.
Per avere un’idea di come si sono sbizzarrite le star guardate questo video degli arrivi del Met Gala 2019 e non crederete ai vostri occhi. Del resto “Notes on Camp” era un saggio di Susan Sontag che già fece luce sul fenomeno delle esagerazioni in moda nel 1964. Qui, quest’anno, si è andati fin troppo indietro a scomodare mitologia et similia.
A memento che gli americani (ma anche gli inglesi) sull’argomento fanno sul serio è uscito anche un volume enorme chiamato “CAMP” che oltre agli sconfinamenti nel territorio queer (gli Abba insegnano che camp è stato bello finché si è potuto), segna altre tracce interessanti.
Sebbene sia un concetto elusivo, il “camp” è anche una pratica sociale da “come sei esagerato” (o meglio “come sei drama-queen”). E per questo può essere trovato nella maggior parte delle forme di espressione artistica, rivelando se stesso attraverso un’estetica di stilizzazione deliberata. La moda è uno dei conduttori più evidenti e duraturi dell’estetica camp abbracciando però anche l’ironia, l’umorismo, la parodia, il pastiche, l’artificio, la teatralità e l’esagerazione.

La nuova straordinaria fotografia di Johnny Dufort evidenzia opere di stilisti come Virgil Abloh, Thom Browne, Jean-Charles de Castelbajac, John Galliano, Jean Paul Gaultier, Marc Jacobs, Karl Lagerfeld, Alessandro Michele, Franco Moschino, Miuccia Prada, Richard Quinn, Yves Saint Laurent, Elsa Schiaparelli, Jeremy Scott, Anna Sui, Gianni Versace e Vivienne Westwood.
Nel percorso 250 oggetti, ma il focus resta la moda con i vestiti, e una parte del nostro buon gusto è duramente attaccata.
“Camp. Notes on fashion” al Metropolitan di New York fino all’8 settembre.