Quando “La Reginetta di Leenane” (“The Beauty Queen of Leenane”) andò in scena per la prima volta nel 1996, Ambra Angiolini stava appena tentando di muoversi dal suo ruolo di ragazza prodigio della tv commerciale italiana. Quello fu l’anno del suo exploit da giovane donna libera a Sanremo, e curiosamente proprio questo spettacolo teatrale, il primo grande successo del pluripremiato autore angloirlandese Martin McDonagh, oggi la vede protagonista a quasi 30 anni di distanza da quella data fatidica. Lo spettacolo debutta in prima nazionale nella Sala Grande del Teatro Franco Parenti a Milano questa settimana (repliche dal 12 giugno 2025 al 22 giugno(, con la regia di Raphael Tobia Vogel.
Ambientato nel villaggio di Leenane, una remota comunità della Contea di Galway affacciata sull’Atlantico,
il testo racconta l’asfissiante convivenza tra una madre e una figlia, in un contesto segnato dall’isolamento, dalla povertà e da legami familiari profondamente corrosi.
Protagoniste della pièce, Ambra Angiolini nel ruolo della figlia Maureen e Ivana Monti in quello della madre Mag. Accanto a loro, Stefano Annoni interpreta Patrick ed Edoardo Rivoira il giovane Ray.

a Reginetta di Leenane è una tragedia quotidiana, impastata di humour nero, solitudine e crudeltà repressa. Un dramma che scava nelle ferite dei legami familiari, nella paura di restare soli, nel senso d’immobilità di chi vive in un mondo dove nulla cambia, se non in peggio.
Al centro, un tema disturbante e drammaticamente attuale: la violenza psicologica all’interno della famiglia, il luogo che per eccellenza dovrebbe proteggere. McDonagh non mostra mai il colpo, ma lascia che siano le parole, i silenzi e le abitudini tossiche a scavare voragini emotive. La dipendenza – dalla madre, da un’idea d’amore, da un bisogno mai nominato – diventa gabbia.
LA TRAMA
Maureen Folan ha quarant’anni e vive da sempre con l’anziana madre Mag in una casa isolata tra le colline della Contea di Galway nell’Irlanda rurale degli anni Novanta, immobile e senza prospettive. Il loro legame si è trasformato in una prigione emotiva fatta di dipendenza, silenzi e piccoli ricatti quotidiani. Mag è fragile e manipolatrice, Maureen aspra e sola: la loro convivenza è un meccanismo doloroso e crudele che si ripete identico giorno dopo giorno.
Il ritorno in paese di Patrick Dooley, vecchia conoscenza di Maureen emigrato in Inghilterra, apre alla donna uno spiraglio: la possibilità di una vita nuova, lontana da quella casa. Mag, incapace di accettare il possibile abbandono da parte della figlia e la solitudine, agisce con strategica crudeltà: una lettera nascosta, una verità taciuta e una speranza infranta scatenano un lento scivolamento verso l’abisso, dove la vicinanza diventa veleno e il rancore si trasforma in rabbia feroce.
Nello spazio claustrofobico di quella casa, Martin McDonagh costruisce una tensione costante, fatta di gesti minimi e parole taglienti, dove ogni personaggio si muove sul confine ambiguo tra l’essere vittima e carnefice.


solida e trasversale.
In ogni ambito in cui si è cimentata, ha conquistato pubblico e critica con autenticità, misura e rigore espressivo.
Il suo debutto cinematografico nel 2007 segna una svolta: per l’interpretazione in Saturno contro di Ferzan Özpetek riceve il David di Donatello e il Nastro d’Argento come miglior attrice non protagonista, oltre
al Globo d’Oro e al Ciak d’Oro come rivelazione dell’anno. Un ingresso autorevole nel cinema d’autore,
che le consente di affermarsi come interprete matura, lontana dagli stereotipi dei suoi esordi televisivi.
Da allora ha lavorato con alcuni tra i più significativi registi del panorama italiano, costruendo un percorso
personale e coerente. I suoi ruoli, spesso legati a figure femminili complesse e stratificate, le hanno permesso di esplorare con intensità una vasta gamma espressiva, dal dramma alla commedia.
Negli ultimi anni, il teatro è diventato il cuore di una nuova fase creativa. Ambra Angiolini ha intrapreso
un cammino scenico profondo e consapevole, scegliendo testi contemporanei che affrontano temi civili e
sociali con sensibilità e coraggio.
Ne Il nodo di Johnna Adams (2022) ha dato voce al dolore sommerso del bullismo scolastico e, soprattutto, alle ragioni che lo generano; con Oliva Denaro (2024), tratto dal romanzo di Viola Ardone, ha portato
in scena la determinazione silenziosa di una giovane donna siciliana che, negli anni Sessanta, rifiuta il
cosiddetto “matrimonio riparatore”. Lo spettacolo è stato un autentico trionfo: le repliche al Teatro Franco
Parenti, articolate in tre diverse riprese, hanno registrato il tutto esaurito, così come la tournée nazionale.
Artista capace di attraversare con coerenza i linguaggi dello spettacolo, Ambra Angiolini passa con naturalezza dalla scena al set, dalla voce alla parola scritta.
La sua duttilità, unita a una crescente consapevolezza espressiva, ne fa oggi una presenza unica e preziosa nel panorama culturale italiano.





contemporaneo, dalla commedia al dramma.
Nata artisticamente al Piccolo Teatro di Milano sotto la guida di Giorgio Strehler, debutta giovanissima in
ruoli centrali del repertorio pirandelliano e shakespeariano affermandosi presto come figura di riferimento
del teatro italiano.
Nel corso della sua lunga carriera ha affiancato ai grandi testi di repertorio una crescente attenzione alla
drammaturgia contemporanea, avvertendo la necessità di confrontarsi con temi civili, sociali e intimi, in
un’ottica di attrice impegnata e partecipe del proprio tempo.
Presenza costante al Teatro Franco Parenti, ha collaborato a lungo con Andrée Ruth Shammah che l’ha diretta in produzioni come Sior Todero Brontolon (2000) di Carlo Goldoni, Le cose sottili nell’aria di Massimo
Sgorbani (2006), La terza moglie di Mayer (2001) di Dacia Maraini ed Esequie solenni (2010) di Antonio
Tarantino. Il suo ultimo successo, Una vita che sto qui (2020) di Roberta Skerl, che affronta temi legati
alla memoria, all’identità femminile, alla trasformazione urbana e sociale, è stato ripreso al Parenti e in
tournée per sei stagioni consecutive, registrando il tutto esaurito. È già stata diretta da Raphael Tobia
Vogel interpretando la protagonista in Marjorie Prime di Jordan Harrison.
IL REGISTA
Raphael Tobia Vogel inizia la sua carriera come assistente alla regia per cinema e televisione, collaborando con grandi nomi come Pupi Avati – con cui lavora in quattro produzioni tra film e fiction – e Gabriele
Salvatores. Per la Rai – Radiotelevisione Italiana, cura la regia di due documentari: uno dedicato alle
regioni italiane, l’altro a Gerusalemme. Nei suoi lavori, Vogel dimostra una particolare capacità di raccontare la geometria dei sentimenti e le contraddizioni delle relazioni umane, con uno stile registico che privilegia il minimalismo scenico, l’uso
poetico della luce e una costante attenzione alla verità emotiva dei personaggi.

La Reginetta di Leenane
di Martin McDonagh
traduzione italiana Marta Gilmore
con Ambra Angiolini, Ivana Monti, Stefano Annoni, Edoardo Rivoira
regia Raphael Tobia Vogel
scene Angelo Linzalata – luci Oscar Frosio
costumi Simona Dondoni – musiche Andrea Cotroneo
assistente alla regia Beatrice Cazzaro
direttore dell’allestimento Paolo Roda
elettricista Nicola Voso – fonico Simone Avaldi – sarta Evelin Cacace
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
costumi realizzati dalla sartoria del Teatro Franco Parenti
diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti
In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Knight Hall Agency Ltd.