5 Febbraio 2025

Gli abiti indossati da Raffaella Carrà, eredità in mostra

Vincenzo Mola e Giovanni Gioia hanno raccolto 350 vestiti usati dalla star in 50 anni di carriera. Per ricordare la sua grandezza nel mondo dello spettacolo. Ma anche elevarla a icona culturale.

5 Febbraio 2025

Gli abiti indossati da Raffaella Carrà, eredità in mostra

Vincenzo Mola e Giovanni Gioia hanno raccolto 350 vestiti usati dalla star in 50 anni di carriera. Per ricordare la sua grandezza nel mondo dello spettacolo. Ma anche elevarla a icona culturale.

5 Febbraio 2025

Gli abiti indossati da Raffaella Carrà, eredità in mostra

Vincenzo Mola e Giovanni Gioia hanno raccolto 350 vestiti usati dalla star in 50 anni di carriera. Per ricordare la sua grandezza nel mondo dello spettacolo. Ma anche elevarla a icona culturale.

Quando nel 2020 il Guardian definì Raffaella Carrà “l’icona culturale che insegnò all’Europa la gioia del sesso”, parte di quella eredità era dovuta ai suoi vestiti. Certo, c’era la musica, il carisma, l’immenso talento da showgirl completa. Ma la compianta Raffa nazionale ha espresso tutta se stessa anche con le mise, a volte provocanti, spesso eccessive, ma mai oltre le righe, sempre ammiccanti e ironiche. È stato questo aspetto del mito-Carrà che ha spinto due collezionisti salernitani, Vincenzo Mola e Giovanni Gioia a creare una collezione di abiti meticolosamente recuperati dagli anni 70 ad oggi. Una raccolta di 350 capi, oggi contesa da allestitori di mostre e studiosi del costume italiano. L’ultima in ordine di tempo, a Trieste, appena prorogata al 16 marzo 2025, ha già raccolto 5mila visitatori.

In foto da sinistra: Giovanni Gioia, al centro Vincenzo Mola e sulla destra un abito indossato a ¡Hola Raffaella!, il programma andato in onda sulla tv di stato spagnola tra il 1992 e il 1994. Raffaella Carrà ha avuto un rapporto molto intenso con il suo pubblico in Spagna e in America Latina, dove esplose con le tournèe negli anni Settanta. Da cantante leggendaria si reinventò protagonista del salotto tv che segnò l’immaginario di molte generazioni.

Vincenzo come avete iniziato a pensare di collezionare gli abiti indossati da Raffaella Carrà nella sua carriera?

L’idea nacque nel 2009 dopo una visita ad una sartoria romana che realizzava gli abiti per i protagonisti del mondo dello spettacolo. I fans, in genere, collezionano cimeli discografici del loro idolo, libri o fotografie. Giovanni seguiva la Carrà dal 1983 e in quell’occasione ebbe l’intuizione di realizzare una collezione unica attraverso gli abiti indossati da una figura leggendaria come Raffaella. L’abito è unico e pertanto la collezione si sarebbe arricchita di pezzi esclusivi.

Giovanni ci racconti come avete fatto a realizzare il vostro sogno?

Dobbiamo premettere che per la realizzazione di un programma televisivo, o di uno spettacolo in genere, Raffaella, come molti altri artisti si avvaleva della collaborazione di una sartoria esterna alla Rai. Il costumista le disegnava gli abiti che avrebbe indossato; la sartoria li realizzava, e, dopo lo spettacolo i vestiti ritornavano di proprietà della sartoria. Ed è questo il motivo che molti dei vestiti da lei indossati erano, fino a qualche anno fa, custoditi tutti insieme in un archivio, anche se, a volte, in condizioni diverse perché riutilizzati da altri artisti.

Cioè esistono dei vestiti che hanno avuto più vite?

Certo. Dalle nostre ricerche, per esempio, risulta che Anna Marchesini ne abbia indossati molti, così come Alba Parietti, Brighitte Nielsen e Elsa Martinelli. Alcuni di essi sono stati utilizzati nei film dove occorreva quel tipo di look, per esempio, Grand hotel Excelsior del 1982 con Diego Abbatantuono. Spesso subivano qualche piccola modifica e noi, quando li abbiamo acquisiti per il nostro archivio abbiamo cercato di riportarli nella loro forgia originale, anche grazie al materiale dell’epoca ritrovato. Il restauro degli stessi, infatti è stato realizzato solo con i materiali originali.

La vostra collezione quindi include vestiti visti in tv per motivi di lavoro. Che pezzi avete?

Tra i 350 che abbiamo raccolto ce n’è sono anche di realizzati e mai indossati. Ci sono abiti protagonisti di copertine dei settimanali e tanti iconici come il rosso in lycra con balze plissettate in taftà usato nella quarta puntata del programma Mediaset “Raffaella Carrà Show”, e altri che hanno segnato il look Carrà negli anni Novanta.

Come è iniziato il vostro colpo grosso?

La Carrà per la realizzazione degli abiti che avrebbe indossato si riferiva al costumista e sarto Gabriele Mayer, della G.P.11, gloriosa sartoria a Roma. Prima che essa cedesse il suo repertorio ad altre sartorie abbiamo raccontato i nostri sogni al titolare e con la sua approvazione, da quel momento è iniziata la ricerca forsennata nelle corsie della sartoria. Abbiamo trovato abiti che nemmeno loro ricordavano di avere e siamo stati felici di averli potuti acquisire per preservarli dal tempo e nel tempo.

Ci sono altri nomi cardine dell’evoluzione del look di questa star in tv?

Graziella Pera l’ha vestita per ‘Carràmba! Che sorpresa’ per le prime tre edizioni. Veniva dal mondo della moda e la scelta di affidarle la realizzazione degli abiti che Raffaella avrebbe indossato in questo programma, iniziato nel 1995, fu dettata proprio da questa esperienza lavorativa. Raffaella si apprestava alla conduzione di un programma diverso dai precedenti. Non più lo show, il varietà, ma un programma sui ricongiungimenti familiari, quindi ricco di emozioni. Anche gli abiti, quindi, dovevano rispecchiare lo stile Carrà ma adeguandosi all’occasione. Infatti Pera le disegnò spalline più strette e linee più contemporanee.

Gli abiti di Raffaella Carrà sono in mostra a Trieste. Negli spazi del Magazzino 26 sono esposti 35 straordinari abiti dall’archivio privato di Giovanni Gioia e Vincenzo Mola (collezioni Carrà) e 2 capi donati dall’autore Rai Massimiliano Canè, consulente artistico per i video d’epoca che, scorrendo accanto ai costumi di scena, ricostruiscono oltre 30 anni di storia dello spettacolo, della TV e della società italiana.

E del periodo storico chi è stato il fautore dei look leggendari?

Sicuramente due nomi su tutti: Corrado Colabucci che si avvaleva della collaborazione di Stefano Rianda, oggi costumista RAI e fautore di ricami meticolosi, e Luca Sabatelli, che ha disegnato per la Carrà dal 1978 per il programma “Ma che sera” e che fece vedere per la prima volta Raffaella in tv “a colori”.

Che destino avevano questi abiti?

A parte i 350 del nostro archivio ed alcune decine che appartengono all’archivio della Rai, c’è qualche fan che si è accaparrato qualche capo. Alcuni appartengono all’Archivio della stessa Carrà. Nella sua carriera, probabilmente Raffaella ne ha indossati circa 2000. Molti sono stati persi. Alcuni erano logorati. Noi due siamo, oggi, i maggiori collezionisti al mondo di un singolo artista. All’esposizione del 2018 a Cinecittà sullo stile di Raffaella Carrà, noi eravamo, infatti, i maggiori espositori.

Possibile che gli artisti non abbiano un loro archivio?

Non tutti potrebbero averci pensato. Lei i suoi abiti li aveva sempre a disposizione quando li voleva e nel corso della sua carriera più volte li ha riutilizzati. Renato Zero, per esempio, invece, li acquisiva di volta in volta dalla sartoria, tant’è che a un certo punto della carriera ha fatto delle mostre celebrative. Raffaella aveva un pensiero molto semplice in riferimento al suo look. In un’intervista disse che vestirsi in quel modo è stato un pretesto per divertirsi. E quando nel 1988 passò in Fininvest decise di esagerare ancora di più, portando in scena costumi che nessuno avrebbe mai indossato

Che cura ci vuole per conservare un archivio di questo genere?

Ogni abito è conservato in un copriabito in tessuto di colore scuro per evitare gli effetti della luce. Quelli più lavorati e pesanti, invece sono piegati e riposti in scatole. La temperatura dei locali dove sono conservati è tra i 20-22 gradi.

Un modello che non avete ma inseguite?

Per ora possiamo affermare che la ricerca è quasi conclusa. I più conosciuti appartengono al nostro archivio. Un capo iconico che ci sarebbe piaciuto è quello di ‘Fatalità’ con fantasia arcobaleno ma sappiamo essere nelle buone mani di una sartoria.

E invece l’abito più stravagante?

Non è travagante nel senso letterale della parola ma sicuramente è un abito a cui teniamo molto. Fu realizzato nel 2008 per la quarta edizione di “Carràmba! Che Fortuna”, ha 18mila Swarovski. In quel programma Raffaella si cambiava anche più volte ma per la prima puntata ha indossato sempre e solo quello. Viene definito “l’abito cassaforte”.

Ci sono anche degli accessori che reputate essere di rilievo per studi e mostre?

Abbiamo cravatte, cinture, stivali oltre il ginocchio come quello usato in Fantastico 12, fibbie gioiello, che sono tutti testimoni delle mode del tempo. Non abbiamo la bandana con strass che si vede nel video di ‘Forte Forte Forte’, sebbene ce ne dovrebbero essere alcune in giro perché quel capo venne venduto anche nei negozi.

Che iter seguite quando vi contattano per le mostre?

In genere quando veniamo invitati per realizzare esposizioni diamo opportunità a un direttore artistico di scegliere assieme a noi i modelli. Realizziamo un viaggio nella storia. Trieste ci ha dato carta bianca e la figlia di Giovanni, che si chiama Raffaella, ha fatto la direzione artistica.

Che ricordo avete di Raffaella come persona?

Quello che ricordiamo sempre sono la sua risata, i suoi sorrisi e le sue lacrime, in poche parole l’autenticità della persona. Giovanni l’ha incontrata per la prima volta nel 1990 quando fu invitato proprio da lei ad assistere al programma “Ricomincio da due” ed io nel 2009 al IV raduno internazionale organizzato a Roma dove si presentò a sorpresa, per un breve saluto che si trasformò in una piacevole e lunga conversazione.

Che ambizioni avete in merito al vostro archivio?

Vorremmo che questa collezione avesse il rispetto che merita. Magari essere usata per un’esposizione permanente, per pubblicazioni, per essere valorizzata e vista da tutti. Vorremmo che con questi abiti ci sia il riconoscimento culturale di un’icona della storia popolare d’Italia.

Parte della collezione di cui sopra è visibile fino al 16 marzo 2025 presso la Sala Sbisà del Magazzino 26 in Porto Vecchio a Trieste. L’ esposizione è a ingresso gratuito ed è intitolata “Come è bello da Trieste in giù (in foto).

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