20 Luglio 2025

Spirit of Simplicity – La Collezione Martin Kurer

A Lugano, le sculture tradizionali della Cordillera filippina e opere d’arte contemporanea asiatica, raccolte dal collezionista svizzero.

20 Luglio 2025

Spirit of Simplicity – La Collezione Martin Kurer

A Lugano, le sculture tradizionali della Cordillera filippina e opere d’arte contemporanea asiatica, raccolte dal collezionista svizzero.

20 Luglio 2025

Spirit of Simplicity – La Collezione Martin Kurer

A Lugano, le sculture tradizionali della Cordillera filippina e opere d’arte contemporanea asiatica, raccolte dal collezionista svizzero.

Spirit of Simplicity. La Collezione Martin Kurer (SPIRIT OF SIMPLICITY-THE MARTIN KURER COLLECTION fino al 16 novembre 2025 a Villa Malpensata Spazio Maraini a Lugano) presenta un dialogo inedito tra una delle più importanti raccolte al mondo di sculture tradizionali della Cordigliera filippina e opere di arte contemporanea asiatica selezionate dallo stesso collezionista. Si tratta di una collezione unica nel suo genere, capace di trascendere spazio, tempo e culture, offrendo una riflessione profonda sul valore estetico e concettuale della semplicità.

Foto in basso:

Cucchiaio di legno decorato con figura antropomorfa.

Provincia di Ifugao. Etnia

Ifugao. XX secolo. 31×9×8

cm.

© Martin Kurer / AA:F

AsianArt:Future

Bulul. Sculture di legno di narra e porcellana (occhi).

Provincia di Ifugao. Distretto

di Lagawe. Etnia Ifugao.

1645-1683. 55×17×16 cm;

54×20×19 cm.

© Martin Kurer / AA:F

AsianArt:Future



La mostra temporanea nel cantone svizzero-italiano, curata da Nora Segreto e Paolo Maiullari, si sviluppa come un viaggio all’interno del significato più essenziale della semplicità, espressa in molteplici aspetti. In questo contesto, la semplicità non viene intesa come riduzione o sottrazione, ma come scelta consapevole di un linguaggio espressivo potente.

I cinque temi attorno ai quali si articola l’esposizione – Colore, Materialità, Spiritualità, Stilizzazione, Minimalismo – esplorano differenti modalità di intendere la semplicità. Tradizione e contemporaneità si incontrano in un dialogo visivo e percettivo che non pretende di forzare corrispondenze, ma piuttosto di rivelare profonde analogie, tensioni interiori e affinità simboliche.



In mostra 60 opere: 51 provenienti dai popoli Ifugao, Kalinga e Bontok della Cordigliera (regione montuosa a nord dell’isola di Luzon, nelle Filippine), tra cui sculture antropomorfe, contenitori rituali e oggetti d’uso quotidiano; e 9 opere di sei artisti contemporanei di diversi paesi asiatici: Li Shirui (Cina), Lao Lianben (Filippine), Endō Toshikatsu (Giappone), Zhang Lin Hai (Cina), Somboon Hormtientong (Thailandia) e Francisco Pellicer Viri (Filippine).

Le loro opere – caratterizzate da superfici monocrome, segni minimali e materiali essenziali – non cercano l’effetto, ma l’essenza. È un linguaggio che non spiega, ma evoca; che non grida, ma risuona. Tutti sembrano rispondere a un medesimo bisogno interiore: ridurre per intensificare, omettere per rivelare.



Questa tensione verso l’essenziale anima la visione del collezionista svizzero Martin Kurer, residente a Lugano, le cui opere fanno parte della collezione AsianArt:Future. Kurer iniziò a raccogliere i pezzi oggi esposti al MUSEC alla fine degli anni ’90, durante il suo lungo soggiorno nelle Filippine, proseguendo poi negli anni successivi con un approccio sempre più consapevole e coerente.

Al centro del suo percorso collezionistico vi è la capacità di riconoscere, in opere provenienti da contesti culturali ed epoche differenti, un linguaggio comune basato sulla misura, sull’essenzialità e sulla densità simbolica. La collezione non mira a classificare gli oggetti secondo criteri cronologici o geografici, ma a metterli in relazione tra loro e con lo sguardo dello spettatore. Ciò che conta è l’eco che ciascuna opera riesce a evocare, la sua capacità di attivare una risonanza intima e profonda.


Foto sopra: Somboon Hormtientong,

Untitled 17th Parallel Series,

diptych, 2000, acrilico e olio

su tela, 200×300 cm.

© Martin Kurer / AA:F

AsianArt:Future

Visitare Spirit of Simplicity significa non soltanto percorrere un itinerario espositivo, ma immergersi in un’esperienza intima e profonda, che va oltre l’osservazione formale degli oggetti. È un invito ad abbandonare le sovrastrutture per lasciarsi toccare dalla bellezza essenziale delle cose, senza filtri e senza mediazioni.

Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Martin Kurer durante la conferenza stampa della mostra, e da quell’incontro mi è rimasta impressa la consapevolezza con cui il collezionista parla del proprio percorso. La sua non è una semplice attività di raccolta di oggetti, ma una ricerca formale e spirituale volta a creare una relazione simbiotica tra l’opera e chi la guarda. Per Kurer, osservare l’arte non significa analizzarla secondo categorie prestabilite, ma entrare in uno stato di risonanza, in cui l’oggetto – per la sua forza espressiva e la sua essenzialità – parla direttamente all’animo di chi osserva.

In questa prospettiva, l’opera d’arte viene ammirata non per il suo valore economico o per la sua notorietà, ma per la capacità che ha di comunicare, di evocare, di risvegliare uno stato di comunione tra il visibile e l’interiore. È un atteggiamento che richiama alla mente il concetto orientale di contemplazione, dove l’arte non è spettacolo, ma esperienza di senso.

Questa profondità di sguardo è tanto più significativa oggi, in un mondo dell’arte dominato da dinamiche mercantili e speculative. Come ha recentemente osservato Ugo Nespolo, l’“Art World” si regge su due assiomi fondamentali: “Vale ciò che costa tanto” e “Si colleziona arte per investimento”.

La scelta di Martin Kurer rappresenta un’alternativa coraggiosa e controcorrente a questa logica: collezionare per passione, per esigenza interiore, per rispetto verso l’essenzialità della creazione artistica. È un gesto quasi reverenziale, ma al tempo stesso spontaneo e istintivo, che nasce da un moto passionale e autentico, lontano dagliorpelli del mercato e dalle mode effimere.

L’arte, in questa visione, torna a essere ciò che originariamente era: un dialogo tra il creatore, l’oggetto e chi lo osserva, senza bisogno di sovrastrutture interpretative o giustificazioni concettuali forzate.

Personalmente condivido e sostengo questa prospettiva. È raro oggi trovare collezionisti che sappiano guardare l’arte per quello che è nei suoi tratti essenziali, con umiltà e apertura. La mostra “Spirit of Simplicity” non offre soltanto un percorso estetico, ma una vera e propria lezione di sguardo: imparare a vedere con il cuore, non solo con gli occhi.

Francisco Pellicer Viri, Rose
of the Cardiac Machine,
1986, Acrilico su tela,
161×211 cm.
© Martin Kurer / AA:F
AsianArt:Future

Report a cura di Gianni Foraboschi

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