Sono puntini, minuziose riproduzioni di ritratti e supporti suggestivi a definire l’arte del presente di Andrea Marchesin (Treviso, 1975). Il creativo con alle spalle numerose e prestigiose esposizioni, ha iniziato il suo percorso artistico nella fotografia, coltivata con rigore tecnico e sensibilità poetica. Fondamentali, in questa fase, gli incontri con Franco Fontana e Oliviero Toscani, che lo spingono a osservare la realtà con uno sguardo profondo e personale.
Dopo anni dietro l’obiettivo, Marchesin decide di abbandonare la fotografia per dedicarsi al segno e alla materia, avviando una ricerca più intima e viscerale. La mostra di quadri attualmente visibile a Tricolore Design Hub di Milano ne è una testimonianza. Sono opere, prevalentemente di grande formato che illuminano gli ambienti in cui si posizionano con un bianco spaziale riempito da dettagliatissimi ritratti, segni, ripetizioni che creano effetti ottici sorprendenti. La testimonianza viva e vivace di una virata artistica che è una svolta per Marchesin. “Ho iniziato a vedere volti ovunque — racconta — figure sospese tra vita e morte, come imprigionate in un limbo. Disegnarli è diventato un gesto necessario, fisico e mentale. Un modo per mettere ordine dentro di me.”

A partire dal 2018, dopo l’incontro con Franco Fontana e Oliviero Toscani, apre i suoi orizzonti sull’immagine a colori.
L’avvento della crisi pandemica e degli orrori delle guerre, da lui intimamente vissute in maniera traumatica, fanno scattare una profonda e irreversibile presa di coscienza sociale e culturale, provocando un netto cambiamento nella sua visione artistica: abbandona la fotografia e inizia ossessivamente a disegnare e a scolpire, esplorando ininterrottamente nuovi territori espressivi, che sente sempre più suoi. Ha pubblicato il libro “Goccia a Goccia” per NFC Edizioni.
Nasce così una fase creativa intensa, in cui Marchesin fissa istanti e volti anonimi, mai riconoscibili, spesso immaginari. La rappresentazione figurativa, inizialmente densa e diretta, evolve nel tempo in un linguaggio più essenziale: un intreccio di segni, trame e ripetizioni che ricordano tessuti, membrane o sciami umani. Sono visioni intime, ma capaci di parlare a tutti, dense di solitudine, fragilità e speranza.
In linea con il pensiero di Jean Dubuffet, Marchesin rifiuta ogni accademismo per abbracciare uno stile libero, istintivo e profondamente personale. Le sue opere, spesso popolate da volti infantili o corpi abbozzati, raccontano un’umanità vulnerabile, sospesa, ma ancora aperta al possibile.
Come Oreste Fernando Nannetti, che definiva la sua arte “cosa privata”, anche Marchesin comunica attraverso un codice interiore, un gesto ripetuto e ossessivo che diventa ponte tra sé e il mondo. Ogni segno è un frammento di racconto, ogni opera una superficie da esplorare: carta, cartone, tavole, argilla e bronzo diventano campi di tensione emotiva, dove convivono caos e ordine, istinto e controllo.

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Nel suo lavoro convivono outsider art, visione onirica e un’urgenza espressiva che lo porta a superare ogni confine convenzionale. Marchesin trasforma il dolore e la solitudine in immagini dense, enigmatiche, ma profondamente umane. Ogni tratto è un frammento di vita, ogni opera un atto di resistenza silenziosa.
Marchesin stesso confessa : “Ad un certo punto ho sentito il mio mondo interno esplodere in un turbinio di emozioni e tensioni, ed ho iniziato a vedere volti ovunque, come fantasmi sospesi tra vita e morte. Immagini di figli, madri, padri, in un limbo invisibile, che si materializzano su tela e sulla terracotta attraverso le mie mani. Sono figure che sembrano nascere da un bisogno intimo di dare forma alle mie tensioni più profonde, un gesto istintivo e catartico che mi rassicura e mi aiuta a mitigare il mio profondo disagio interiore”
All’inizio, questa urgenza si manifesta attraverso un’esplosione creativa: ogni volto, ogni espressione viene catturata, conservata come testimonianza di un’umanità fragile e desiderosa di speranza. Poi, con il tempo, sente il bisogno di semplificare, di andare oltre un figurativo immediato e di abbracciare un linguaggio più criptico e meditato. Sono opere popolate da ripetizioni di forme, intrecci di segni che richiamano tessiture, membrane oppure minuscoli sciami di vita, tutte cariche di molteplici significati invisibili a prima vista.
Il suo stile, si distingue per la forza brutale del tratto e per le figure sospese, come fantasmi di un limbo tra dolore e speranza.






Per l’artista, questa forma di creazione è un codice personale, un linguaggio intimo che tuttavia brama comunicare qualcosa di universale. Come Nannetti definiva il proprio lavoro “cose private”, Marchesin considera le suo opere “cose intime”. Ogni opera è, per Marchesin, un atto di resistenza e di ribellione, che ha bisogno di raccontare con ciò che non si può dire a parole. Le sue mani si muovono su supporti diversi: carta, cartoncino, terracotta; ogni superficie diventa un campo di esplorazione, dove caos e ordine si affrontano e si trasformano in un dialogo silenzioso, spesso misterioso, tra l’io ed il mondo.
Per seguire le attività di Andrea Marchesin qui
Per l’acquisto e informazioni sulle opere di Andrea Marchesin: Tricolore Design Hub, Piazza del Tricolore 1 | Ingresso Viale Majno 2 Milano (metro: Tricolore).