Sono bastati dieci giorni di apertura per arrivare già al cuore dei turisti e soprattutto degli amalfitani innamorati del cibo di classe genuino. Un binomio, quest’ultimo, non scontato ma sempre presente nelle tappe del successo dello chef Salvatore Milano, amalfitano di 41 anni, che è dietro la storia di successo più recente del panorama culinario campano: il debutto di Terrazza Duomo Amalfi, suggestiva location all’ultimo piano di un palazzo storico nel centro della località marittima salernitana.
Salvatore, curriculum in costiera di tutto rispetto (a cominciare da Le Sirenuse e San Pietro di Positano), è l’ingrediente principe di questo successo che ogni sera delizia 80 persone su uno dei panorami più suggestivi d’Italia. Esperienze all’estero hanno collaudato il suo stile (Palace di Gstaad, Beau Rivage Palace di Lousanna in Svizzera) che si è affinato e incanalato in una esaltazione naturale del pregio che lo circonda da bambino: i tesori della cucina della costiera. Salvatore, dopo i riconoscimenti ultradecennali da Gemma (trattoria di alto target su un terrazzo amalfitano), ora è approdato presso l’albergo e ristorante ristrutturati nel 2021 con la migliore vista sul Duomo di Amalfi.


Salvatore che coraggio ci vuole a innovare passati i 40 anni, soprattutto in una località come Amalfi che ha già tanta concorrenza di buon livello?
Sono rimasto da Gemma per 13 anni ma a ottobre 2020 prima della richiusura per COVID, avevo già annunciato che mi sarei preso tempo per me. Penso che fosse un ciclo concluso, per noi che facciamo questo lavoro gli stimoli sono fondamentali, dobbiamo essere mossi dalla voglia di cucinare. Sono stato accanto alla gestione dei Sammarco sin dal 2009, quando la famiglia ha aggiunto all’attività vinicola quella della ristorazione. Siamo stati segnalati dalla guida Michelin per molti anni. Ultimamente, tra aperture incessanti tutto l’anno, la cantina attigua che era servita dalla cucina, non avevo davvero più tempo per me.
Facci entrare nel tuo mondo. Cosa si fa quando si smette di lavorare in un posto prestigioso?
Si prende tempo. Soprattutto per pensare, io non avevo idea di voler e poter andare a cominciare un’altra attività in un posto così centrale. Ci sono state altre due trattative importanti ad Amalfi, poi l’ex hotel Centrale voleva rinnovare e siccome è di un cugino, mi sono fatto avanti. Avevo sempre pensato che questo terrazzo con una zona solo adibita a colazione fosse sprecato.
Quindi la mania dei rooftop ha contagiato anche Amalfi…
Questa location non è mai stata sfruttata a pieno titolo, credo che questo sia un terrazzo esclusivo per la piazza di Amalfi. Così parlando con mio cugino che è imprenditore qui, dell’amore che abbiamo per la nostra terra e della possibilità di fare qualcosa di innovativo, ci siamo ritrovati a metà maggio a ripartire da zero.
Cosa avete portato a livello strutturale?
Lphotel è stato rioensato, si chiama Terrazza Duomo Amalfi adesso e ha 17 camere. I pavimenti del terrazzo c’erano e le ceramiche erano anche belle. La muratura l’abbiamo ritoccata, abbiamo dovuto attrezzare la cucina da zero. Poi abbiamo aggiunto vetri, tende, e abbiamo previsto 50 coperti all’esterno e 30 all’interno, per ora solo a cena.
Parlaci della cucina che ha portato in questo nuovo angolo suggestivo di Amalfi.
Ho cercato di ripresentare la stessa cucina, i miei cavalli vincenti che piacciono alla gente piace. Penso che noi chef dobbiamo sostenere con moderazione i piatti che piacciono a noi ma soprattutto assecondare quello che vuole la gente. L’unica rinuncia è la tipica pasta alla genovese: non la faccio perché è un piatto storico amalfitano che qui è molto legato al nome di Gemma.
Come intendi la cucina locale?
La intendo con i prodotti freschi del giorno e con una preparazione che ha cura del prodotto e della sua provenienza. Ben venga la fusione terra e mare rimanendo nei limiti, se si oltrepassano alcune regole poi non si omaggia la tradizione. Io la penso così: prendiamo spunti rispettosi dal passato per sfociare nel nuovo.
Le pietanze che distinguono Terrazza Duomo Amalfi?
Il nostro crudo è un simbolo, la sera abbiamo a volte dovuto faticare per fronteggiare richieste. Quindi ho allestito un banco di tre metri solamente per il crudo, con due cuochi che si dedicano a questo. Abbiamo deciso di fare due proposte: Gran crudo Terrazza Duomo è il classico col pescato del giorno e il sapore di agrumi, poi c’è il gran plateau royal con aggiunta di caviale e ostriche.
Come paste cosa preparate?
Tagliolino cotto in acqua di limone con caviale, fettucina nera con seppie e pistacchi, e un nuovo risotto agli agrumi con gamberi cotti e crudi. Oltre al mio marchio di fabbrica che è il pacchero con ripieno di ricotta e tartufo con salsa di sconcigli e pomodorini, gratinato al forno. Per gli amanti della semplicità, c’è anche il classico raviolo caprese con caciotta che mi viene rifornita da un pastore locale. Tranne la linguina con aragosta, realizziamo noi tutte le paste.
Gli ingredienti locali che ti stimolano di più?
Il limone lo abbiamo sempre, l’ho inserito come prodotto eccezionale per cercare di valorizzare i suoi impieghi nelle varie portate, dalle paste al pesce. Personalmente, mi piacciono molto le sarde, la propongo in versione speciale affumicata. Ma a volte si fa fatica a far capire l’importanza del prodotto, c’è da fare un po’ di divulgazione anche su quelli che vengono percepiti come piatti poveri.


Sei un volto giovane oltre che un sapienta maestro in cucina. Hai altre ambizioni?
Ho provato la tv ma non sono molto portato, sono uno chef operaio, mi piace stare in cucina. Questo potrebbe essere un mio limite, lo riconoscono, anche in sala la sera non esco spesso ma lo faccio per bisogno. So che è importante, devo correggere questo mio lato caratteriale, con i social mi sto cercando di sforzare, bisogna saper cucinare e anche parlare e presentarsi bene.
Il successo comunque ti fa piacere?
Un’ambizione come la stella Michelin quando ero più giovane era un obiettivo, ma ora la fiducia dei clienti è la soddisfazione più grande. Se arrivano i riconoscimenti dalle guide è piacevole, ma non voglio che diventi un’ossessione. Ad Amalfi si mangia bene, il cibo è una vera religione, il cibo e la cura dei sapori qui è una convinzione, quindi essere apprezzati nella terra che mi ha generato ha molti significati.