Dicono “buongiorno” e si prendono il loro tempo, nessuno corre in un perenne stato di ansia. Non è un sogno ma è una scena delle città europee che in questi mesi si sono adeguate ai nuovi spazi e ai nuovi ritmi di lavoro ed equilibrio privacy-impegni professionali. Le smart cities travolte dalla pandemia hanno riscoperto il valore del tempo e dello spazio diventando “città a 15 minuti”, secondo una nuova teoria che proprio a inizio 2020, prima dello scoppio del Covid, si stava diffondendo da Parigi al mondo.
COME FUNZIONA – L’introduzione del lavoro agile come consolidata modalità operativa e l’uso degli spazi di coworking cittadini hanno già dettato il passo, visto che prima del blocco e della paura delle folle si parlava già di prestazioni svolte in “nearworking”, inteso come la possibilità di svolgere l’attività lavorativa in un luogo in prossimità della propria abitazione o domicilio. A Milano da un anno si lavora al decongestionamento, alla desincronizzazione degli orari e a una migliore organizzazione dei tempi della città, anche per spinta di un piano specificamente messo a punto dalla Giunta comunale.
Obiettivo della città a 15 minuti: offrire servizi e qualità della vita nello spazio di 15 minuti a piedi da casa.
L’idea dei “15 minuti” è per gli abitanti delle città un modo pr migliorare sia le condizioni di vita che l’ambiente. Sviluppato dal professor Carlos Moreno all’università Sorbona di Parigi, il concetto di “la ville du quart d’heure” si fonda su spostamenti per lavoro, casa, negozi, intrattenimento, istruzione e assistenza sanitaria a piedi o in bici senza stress. Il professore franco-colombiano ha sviluppato l’idea partendo dall’attaccamento al luogo, più sostenibilità e soprattutto decentramento, in modo da far rifiorire l’economia anche nei luoghi non centrali.
E se c’è una lezione che il Covid ha impartito è proprio quella del cambio di abitudini, che da necessario è diventato possibile. Chi vive nelle grandi città, e può lavorare da casa, riacquista il tempo per sé, frequenta posti limitrofi all’abitazione, riscopre il verde e la pista ciclabile non distante.
Il passo successivo, potrebbe essere la multifunzionalità: si potrebbe usare la scuola durante i weekend, edifici dove vivere e lavorare, avere servizi aggiuntivi vicino casa dove non si era pensato di averne necessità.
Questi 15 minuti, che in altri contesti, tipo Glasgow diventano 20 minuti ma il principio è sempre quello, hanno necessità di ridurre gli spostamenti inutili, limitare la presenza di vetture in strada, soprattutto in questi mesi in cui non si usano volentieri i mezzi pubblici. Melbourne, Detroit e Portland hanno aderito a questi nuovi principi di urbanistica sociale. Parigi pensa di eliminare fino al 2024 ben 60mila parcheggi per strada destinando quegli spazi occupati dalle macchine ad aree da sfruttare per i pedoni. Milano è ancora, in Italia, al centro di questo rinnovato modo di pensare. Le play-street si stanno facendo largo in alcuni casi anche grazie all’urbanismo tattico. Strade e slarghi da vivere, oltre che da attraversare perché chiuse al traffico, dove ci sono spazi ricreativi e attività da svolgere sotto casa. La città policentrica che è diventata (prima non lo era stata mai abbastanza) viene in soccorso di questa necessità.
Con un provvedimento ad hoc, dice l’assessora alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive e Risorse Umane del Comune di Milano, Cristina Tajani “Milano per prima in Italia si impegna nello sviluppo di quartieri non più dormitorio, ma con servizi e nuove attività commerciali con conseguente risparmio di tempo e di emissioni derivanti dagli spostamenti obbligati. La sperimentazione si inserisce nel generale ridisegno dei tempi della città, dovuto all’emergenza Covid, ma rappresenta un modello valido in sé, da proporre anche al settore privato, utile a migliorare la vita della città e la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro per i singoli individui”
Il documento si chiama “Milano 2020, strategie di adattamento” e si fonda sull’adozione del POLA (Piano Organizzativo del Lavoro Agile) che vede il consolidamento del lavoro agile quale modalità lavorativa complementare all’attività in presenza a cui si affiancherà anche la sperimentazione di una nuova flessibilità oraria in entrata e uscita, oltre a una nuova dotazione tecnologica e digitale per il personale.
Il documento parla chiaro ed è sottoscritto: “Questa è una stagione in cui occorre ragionare in un’ottica di investimenti e di salvaguardia delle persone, prima ancora che di pareggio in bilancio economico“. Nei momenti di riapertura delle zone in restrizioni soft, i mezzi pubblici consigliavano di scegliere orari di minor affollamento e le aperture scaglionate di servizi e scuole hanno dato l’idea di una regia coordinata.
Il documento del Comune di Milano parla di pensamento dei tempi, orari e ritmi della città per distribuire la domanda di mobilità nell’arco delle 24 ore della giornata, evitando sovrapposizioni e assembramenti,anche attraverso l’utilizzo di applicazioni per la gestione delle code e strumenti di heat-mapping, le mappe grafiche che evidenziano gli affollamenti.
Ma quindi dove vanno a finire i benefit di avere i competitors uno accanto agli altri? Dove sono le energie che si sviluppano negli agglomerati urbani che sviluppano potenziali inespressi in altre aree? I distretti, per esempio, hanno funzionato finora anche grazie alla forza della contiguità. E c’è da credere che questo nesso non verrà meno. Le città si ripopoleranno gradualmente ma con una nuova coscienza dove l’affollamento non è visto più come segnale di vitalità. Ci credono ancora i network di professionisti che proprio a Milano, la città più colpita dalla pandemia in Italia, provano a ripartire. Come il co-working CoWo NoLo (precedentemente Collettivo Virale) e CoFoundry, spazi flessibili in un contesto innovativo dove far crescere il business, entrambi in zona NoLo. Hanno appena riaperto in sicurezza e aspettano l’evolversi del trend.