15 Dicembre 2023

Domenico Lenti: “Quando le sneakers raccontano una storia”

Viaggi e incontri per studiare un fenomeno che supera barriere e generazioni. Come cambia il collezionismo delle scarpe sportive nelle parole di un grande conoscitore del settore.

15 Dicembre 2023

Domenico Lenti: “Quando le sneakers raccontano una storia”

Viaggi e incontri per studiare un fenomeno che supera barriere e generazioni. Come cambia il collezionismo delle scarpe sportive nelle parole di un grande conoscitore del settore.

15 Dicembre 2023

Domenico Lenti: “Quando le sneakers raccontano una storia”

Viaggi e incontri per studiare un fenomeno che supera barriere e generazioni. Come cambia il collezionismo delle scarpe sportive nelle parole di un grande conoscitore del settore.

Domenico Lenti sneakerhead, un vero cultore delle sneakers e cultura urban. Oltre a essere un valido marketing advisor e avido collezionista ha curato, nella versione italiana, la monumentale pubblicazione francese “1000 Sneakers Deadstock – La collezione ideale”, uscita da noi per Ippocampo Edizioni, di cui ci siamo già occupati qui. Un buon motivo per approfondire l’argomento sempre tanto a cuore di migliaia di appassionati.


Che sfida è stata curare la versione italiana di un libro così completo?
Ci sono 20 anni di storia del collezionismo. Dopo l’edizione francese è stato distribuito in USA, Germania e Italia. Si tratta di un libro verticale per i collezionisti e pieno di termini tecnici che in alcuni casi richiedevano delle spiegazioni. Quando mi hanno contattato ero felicissimo perché già lavoravo nel settore e avevo la possibilità di lavorare con gli autori, Larry Deadstock e François Chevalier di cui ero già seguace. Chevalier l’ho conosciuto agli inizi della mia passione, era un punto di riferimento, veniva da una realtà avanzata che vive lo street wear a Parigi molto più vicina alle dinamiche legate al basket.

Cosa si trova nel libro?
Il libro è davvero molto vicino ad alcune dinamiche che vivo ogni giorno: è una raccolta delle sneaker piu belle ma è anche infarcito di aneddoti personali con i ricordi del periodo storico, molte storie sono legati a memorie di chi ha venduto e ha fatto incontri memorabili. E queste storie creano immedesimazioni. C’è molto sneaker game raccontanto con lo slang e termini che si devono interpretare, lì è subentrato il mio ruolo. Basti pensare che originariamente il capitolo Diadora l’avevano intitolato ‘look da mafioso’, un’identificazione che da noi non va bene. In realtà il termine in questo caso è usato molto alla leggera, si parlava del fenomeno delle tute acetate, dei brand italiani Ellesse, Tacchini, quelli che si sono fatti strada nei quartieri popolari.


C’è una specifica cifra italiana che hai voluto aggiungere?
L’italiano che cerca di apparire, abbiamo integrato nell’elenco dei punti utili qualche store italiano con segnalazione dei punti di riferimento per la community del nostro paese. La città di riferimento è Milano, tutto lo streetwear dal 2015 è molto concentrato in città. Anche se rispetto ad anni fa ora con i social media e la cultura diffusa degli appassionati, per informarsi o fare amicizia si può essere anche in provincia.
Il libro esce in un momento in cui il mercato del resell non è più florido come di recente…
Vero, nel 2023 assistiamo a un calo per i desiderata, c’era una domanda altissima e grandi percentuali di guadagno fino a qualche tempo fa. Ora il resell degli articoli premium che hanno molto valore pubblicitario ha riscontrato una flessione, come succede anche nelle rivendite di orologi di lusso. Tutto ciò non è sinonimo di calo di interesse ma favorisce nuovi brand o una nuova generazione di clienti, che si avvicinano al tema ora. Anche per questo ci sono marchi come Birkenstock che vanno forte.
Come è cambiato il trend del collezionismo di sneakers?
Il trend ora non è più concentrato sulle collab di grandi designer, sembrano lontani i tempi in cui a New York succedevano anche rivolte e situazioni di ordine pubblico tremende per accaparrarsi l’unico paio di scarpe firmate da una celebrità. Ora le sneaker più ricercate sono le facilmente indossabili, la sneaker dell’anno per esempio è Adidas Dumba, per la quale il CEO Adidas Bjorn Gulden ha ricevuto di recente il premio. Credo ci sia un consumo più orientato su articoli economici, funzionali, dovuto anche all’inflazionamento di TikTok. Una virata che nemmeno Adidas aveva programmato.
Chi è il collezionista oggi?
Lo sneakerhead privilegia l’articolo in se, per il resto dell’abbigliamento segue quello stile, investe del tempo per la ricerca. Ci sono poi quelli che giocano agli sport e sono affezionati alla squadra del cuore. Poi ci sono i trend dalla California o il glamour attuale americano che sono promossi da Kayne West.
Va ancora il total look fedele a un unico brand?
Genericamente si favorisce la proporzione: se metto Nike ai piedi, metto il cappellino o tuta uguale. Ma negli anni 90 i total look erano molto più vincolanti. Questo succede anche perché adesso l’universo streetwear è molto grande e si sono sviluppate tante subculture.
Tu che tempi hai vissuto, da appassionato e conoscitore di questo mercato?
Mi interesso al settore dal 2014 in termini professionali, ma in 34 anni posso dire che sono sempre stato affascinato dalla cultura urban. Sono figlio degli anni 90 e nel 2000 quando andavo a liceo era davvero sdoganato avere le sneaker ogni giorno. I miei genitori non ponevano ostacoli a farmi indossare le scarpe da ginnastica come si diceva all’epoca. Posseggo circa 200 paia nella mia collezione. Col tempo ho imparato a scambiare, acquistare, sono sempre alla ricerca di un nuovo paio. Ho vissuto pienamente il fenomeno di Michael Jordan, un motore che mi ha direzionato nei confronti di questo universo. Le Jordan di Spike Lee le ho firmate da lui stesso. Col tempo, poi ho studiato marketing e ho sviluppato approfondimenti tra articoli e campagne pubblicitarie.
Secondo te l’avvento dei social media ha aumentato l’appeal delle sneakers?
Pre-social era difficile essere informato e anche scambiarsi informazioni era difficoltoso. Con i social è stata una rivelazione, i primi anni con Instagram e Facebook è aumentata la facilità con cui reperire informazioni, e la passione ha subito un allargamento in termini di numeri. Non c’era più il limite della funzionalità di prodotto, le limited edition hanno attirato molto pubblico perché c’era voglia di informazioni e condivisioni, e c’erano tanti amici nuovi che fungevano da ambassador dei marchi. E non è da tralasciare anche la possibilità di monetizzare vendendo agli appassionati facilmente in tutto il mondo.
Che incontri hai fatto lavorando in questo ambito?
Ho incontrato Hiroshi Fujiwara, un designer famoso già a lavoro per Moncler e Maserati, dopo 10 anni che lo tenevo d’occhio. Ho saputo di un suo appuntamento in Ungheria e sono andato fino a Budapest per farmi firmare un paio di scarpe. Al momento è uno dei personaggi più cool dell’ambiente, oltre a provenire dal Giappone che è un mercato trainante per il settore. Con lui ho iniziato a far firmare il libro da tutti i protagonisti che sono citati, un’ambizione che voglio portare a termine.


Cosa ti aspetta professionalmente, ora?
Mi occuperò di marketing e di tutto il mondo dell’hype del settore sneakers ancora a lungo. Mi piace studiare i mercati in evoluzione, le dinamiche nel secondario online e dell’influenza e della propensione all’acquisto della Gen Z che è molto facilmente distraibile e condizionabile. I brand riescono a far diventare essenziale quello che non è. Un desiderio è raccontare e dare strumenti per collezionismo e resell e soprattutto la documentazione che serve. Da storico, conservo tutto quello che ho raccolto e spero possa essere utile.

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Immagine di Christian D'Antonio

Christian D'Antonio

Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it. Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia. Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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