Autodidatta, artista divulgatore e sensibilizzatore, Davide Quaglietta, classe 1986 da Bologna sta conquistando per la sua arte che è anche una mission. La sperimentazione della pittura ad olio che l’artista opera con soggetti di ispirazione naturale gli permette di lanciare messaggi sull’emergenza ambientale che viviamo. In questo contesto, Davide è un unicum, anche perché il suo lavoro quotidiano, come divulgatore del rispetto delle risorse idriche, lo mette sempre in prima linea nell’ambito della sensibilizzazione. Quaglietta ha di recente partecipato Premio OpenArt 2021 – mostra collettiva (20-23 gennaio 2021) presso la Biblioteca Angelica in Piazza Sant’Agostino a Roma.
Curato da Elena Gollini, oggi Davide è un artista che porta il bagaglio di conoscenze che gli deriva dalla laurea in Scienze Biologiche (magistrale in Ecologia ed Evoluzione all’Università degli studi di Ferrara) unito alla fascinazione in tenerà età per i dipinti del nonno, il pittore Nano (Bruno) Luppi.

Davide come hai iniziato il tuo percorso?
Disegnavo coi pastelli e mi sono dedicato alla pittura olio su tela nel 2007 . Un’altra tecnica che uso è il disegno con penna e matita con acquerello. La mia produzione ha subito nell’ultimo anno un’accelerazione per via del fermo del Covid. Mi sono dedicato a più opere, anche se lavoro con molta calma e meticolosità.
Che formazione hai?
Ho fatto l’istituo d’arte e quando scelsi decorazione pittorica e al primo quadro ho ricevuto 5 quindi ho iniziato architettura e arredamento. Non ho mai gradito l’arte che imita, forse per quello il mio primo quadro commissionato per la scuola venne valutato male. Quando ho finito poi quel percorso mi sono iscritto a Biologia in Ecologia ed Evoluzione a Ferrara e quindi l’arte a quel punto era solo un rifugio. Poi l’ho ripresa.
I tuoi soggetti che si ispirano al naturale che tipo di impegno richiedono?
Non sono mai soddisfatto quando li finisco perché cerco la perfezione, non mi piace seguire le mode, non voglio legarmi all’arredamento, quindi non realizzo macchie di colore. Anzi, cerco di giocare con le luci e gli effetti dei colori a olio per giorni, così riesco a ottenere esattamente l’effetto a rilievo che voglio. Durante la preparazione faccio foto alle varie fasi di realizzazione che poi mi riguardo e mi ispirano per la prosecuzione.

Anche le cornici che usi sono eco, giusto?
Le cornici sono realizzate da un artigiano che usa le travi di legno che hanno mezzo secolo. Mi piace vedere l’antico rigenerato e il suo riutilizzo. Questo impiego ha anche coerenza col messaggio che voglio trasmettere con i quadri.
Parlaci dei tuoi soggetti. Sono delle serie che hanno tempi specifici…
Ho sempre cercato l’intreccio tra arte e divulgazione. I quadri che ho dedicato ai ghiacciai sono l’inizio della mia mission, fra qualche anno inizierò a impegnarmi sulla desertificazione. Questo fenomeno mi sta molto a cuore e ispirerà molti quadri, perché può essere legato al cambiamento climatico ma anche all’utilizzo dei prodotti illegali che uccidono il territorio, o alla deforestazione. È una perdita di biodiversità e il mio obiettivo è quello di mettere in luce la vita da proteggere.
Come si fa sensibilizzazione con un quadro?
Tutto è partito con la serie “Assenteismo”, inteso come assentarsi dal mondo circostante, mi appassionava il mondo del mircoscopio, volevo creare una specie di puzzle a livello artistico. E da lì ho creato e rappresentato dei soggetti che potessero manifestare i problemi non solo ambientali ma anche sociali. Erano astratti, mi servivano come escamotage simbolico per sensibilizzare sui problemi ambientali. Poi ho avuto un vuoto artistico e ho iniziato la serie dei ghiacciai nel 2018. Per fare il primo quadro ci ho messo nove mesi. Pensa che all’inizio avevo pensato a rappresentare un fenicottero e poi mi sono dedicato a indagare su un ambiente che conosciamo poco per parlare del problema dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.

Sei interessato all’indagine umana oltre che naturale?
“Lasciato solo” rappresenta il primo incrocio tra condizione umana e naturale nei miei quadri. A primo impatto è il paesaggio a dominare la vista. Poi arriva il secondo piano di lettura, che è provare a decifrare i messaggi all’interno della rappresentazione. Se ben si scorge, c’è un volto di un anziano che guarda i ghiacciai che sono i suoi famigliari. Questa è una mia protesta contro chi lascia i grandi da soli. Ho immaginato la natura come le persone anziane, i ghiacciai come i nostri vecchi, sono fonte inesauribile di acqua potabile che può svanire in pochi anni. Ce ne dobbiamo prendere cura.

Il tuo impegno quotidiano riguarda anche la divulgazione nelle scuole. Di cosa vai a parlare ai ragazzi?
Lavoro da circa nove anni CADF la fabbrica dell’acqua, Acquedotto del basso ferrarese. Siamo impegnati come reparto ambiente e educazione nella sensibilizzazione a partire dalle scuole materne sul bene e sull’uso dell’acqua. Insegno che anche le zanzare tanto temute in questa zona, sono funzionali al mantenimento della biodiversità. Dal 2016 gestiamo anche la salina di Comacchio nel Parco del Po in Emilia Romagna. Quindi sono impegnato anche nella valorizzazione del territorio, ci approcciamo ai turisti per far vivere le tradizione del luogo attraverso varie dimostrazioni, come quella dell’estrazione del sale. Facciamo capire come funziona l’ecosistema e i benefici che può darci l’attività manuale tradizionale senza inquinare.