Antonio Marino era famoso nel 2009 per essere uno dei concorrenti di X Factor. Poi l’oblio. Finito da poco perché questo inverno è tornato a far parlare di sé in Italia partecipando con successo a The Voice Of Italy. Ha da poco vinto il talent romano Fuoriclasse 2018 e sta per tornare sul mercato discografico con una cover di una cantante straniera riadattata in più lingue. Lo abbiamo incontrato in occasione della sua più grande (finora) esibizione a Napoli, al Napoli Pizza Village.
CHI SONO – “A 36 anni posso dire di essere un meridionalista convinto, la decisione più bella della mia vita è stata tornare a vivere a Napoli. In autunno uscirà con un disco di inediti e a Natale esce un disco natalizio in acustico con i ragazzi della scuola dove insegno canto, un progetto che curo da diversi anni“.
LA CARRIERA – “Il mio percorso musicale è stato un po’ tortuoso, per tanti anni sono stato lontano da Napoli, subito dopo Scugnizzi ho fatto un’esperienza canora negli Usa, quando ho fatto X Factor 10 anni fa ho pensato di essere troppo cantante, pensavo di essere sbagliato. Il tuo problema è che canti troppo bene, mi dicevano tutti. Pensavo di essere sbagliato a essere troppo intonato. Così, stando a Milano, mi sono allontanato per 4 anni dalla musica, facendo il massaggiatore. Poi grazie a una persona, mi sono esibito a un festival in Romania e mi sono reso conto che non ero io sbagliato ma era il tempo a dover passare. Sono stato in Sud America e Russia, ho vinto festival che mi hanno permesso di autoprodurmi e con quei soldi mi sono ricostruito un percorso“.
NAPOLI E MILANO – “Sono tornato a Napoli da 4 anni, è migliorata la vita, in 7 anni a Milano non ho scritto nessuna canzone, in 3 anni a Napoli ho scritto l’equivalente di 2 album. Milano per me è stata la morte artistica. Ho unito la musica napoletana alla musica soul, come il precursore Pino Daniele aveva fatto. In punta di piedi ho preso quella direzione. Prima di Natale lo sentirete, in italiano, napoletano e in inglese”.
I RAGAZZI – “Oggi mi trovo in una posizione complicata e delicata, faccio live e insegno canto nella scuola dove ho studiato da piccolo, la scuola della mitica band Il Giardino dei Semplici. Ho perso mio padre prima di entrare a X Factor e questa conoscenza è arrivata proprio in quel momento, significa molto per me. I ragazzi spesso mi chiedono: Se uno bravo come te non ce la fa. come faccio io? La cultura fa molto in qualsiasi ambito, ho studiato anche altro oltre la musica, a volte mi stupisco quando mi fanno i commenti sul mio eloquio o proprietà di linguaggio. Diciamo che educo alla perseveranza. Ho provato il Sanremo Giovani per 18 anni non mi hanno mai preso, la musica è di tutti ma non per tutti, è una cosa seria ma molto difficile. Io ne ho fatti due di Talent ma in momenti precisi. A 25 anni dopo Scugnizzi, avevo studiato a Los Angeles, quindi non ero un 18enne inerme. The Voice è arrivato perché i ragazzi della mia scuola mi hanno iscritto, dopo 10 anni arrivo a fare palchi grandi”.
IL TALENTO – “Il talento si può sviluppare e affinare, in tv si possono dare imprinting molto forti. Ma poi bisogna discutere sull’uso dell’autotune che è un metodo di correzione vocale che non dovrebbe rientrare in un’esibizione live, come ho visto ad Amici di recente. Perché non è vero che possono cantare tutti”.
IL SOUL – “Voglio unire le influenze africane, americane e napoletane nella mia musica che arriverà. Il soul è il genere più venduto al mondo da Stevie Wonder a Rihanna, ma in Italia non è così. Da noi Pino Daniele e 99 Posse hanno fatto scuola, ogni brano avrà la sua fotografia che è la mia passione, e un video. In ogni canzone parlo di persone e fatti concrete, non reprimendo la mia vocalità come ho fatto in passato. Sono molto credente e posso dire che la voce è un dono, non la reprimerò mai più”.
PRIVATO – “Essere omosessuale in una famiglia molto aperta, è stata una fortuna. Non ho avuto problemi a fare coming out in tv a The Voice. Sono un fortunato lo so, la cultura e la serenità dei rapporti è stata all’ordine del giorno a casa mia. Ho una sensibilità profonda perché credo sia genetica e il prodotto dell’infanzia, le difficoltà sono arrivate dopo. Mia madre e le mie zie mi hanno aperto le porte, per me era normale ascoltare come primo disco della vita Songs in the Key of Life di Stevie Wonder”.
LO SHOW – “Napoli è abituata alla musica, al teatro, è difficile sorprenderla, e vi posso assicurare che ho suonato in posti immensi all’estero e non mi ha fatto lo stesso effetto. L’emozione non è paragonabile a quella che ho provato al Pizza Village la sera che mi sono esibito“.
Testo raccolto e foto scattata da Maurizio De Costanzo per The Way Magazine