Il cinema sperimentale di Abbas Kiarostami, regista dall’Iran, è al centro del saggio “Le condizioni del senso” di Marco Dalla Gassa (edizioni Marsilio) professore associato presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia dove insegna ‘Analisi del film’, ‘Teorie del cinema” e ‘Cinema e culture.
Abbas Kiarostami è conosciuto per essere il più acclamato regista iraniano, grazie a pellicole come Dov’è la casa del mio amico? o Il vento ci porterà via. La sua era di maggior successo sono stati gli anni 90 in Occidente: la Palma d’oro ex aequo a Cannes per Ta῾m-e gilāss è del 1997 (“Il sapore della ciliegia”) e il Premio speciale della giuria a Venezia per Bād mā rā khāhad bord (1999) in italiano è “E il vento ci porterà via”.
Il cinema dell’Iran ha avuto una grande ribalta per merito del regista. Meno nota, almeno al grande pubblico, è la produzione sperimentale che egli ha sviluppato nel corso di tutta la carriera, ma a cui si è dedicato soprattutto negli ultimi anni di vita, anche in ragione delle difficoltà a girare film di finzione nel proprio paese.
Seppur discontinuo e policromo per forme e registri espressivi, il corpus di opere kiarostamiano è diventato, poco per volta, lo spazio più rarefatto dove collocare un’ampia e densa riflessione sulle condizioni di emersione del senso, nel configurarsi delle immagini, nell’aggregarsi dei racconti e nelle attitudini al gesto creativo.
Questo volume studia per la prima volta l’intera produzione sperimentale dell’artista iraniano, compresi alcuni progetti non conclusi, in un viaggio che vuole essere materico e speculativo e che connette questi piccoli artefatti di grande e nascosto valore con le questioni più dirimenti delle arti contemporanee e della filosofia del film.