ART3F Monaco, Chapiteau de Fontvieille. Nella giungla di stand e collezionisti, un’opera si impone come un glitch nel sistema: Mirea, di Elena Brovelli. Non è un quadro, ma un’interfaccia: lurex rigenerato che riflette la luce come dati liquidi, pulsanti, pronti a trasformarsi in esperienza.
Brovelli non “dipinge”, ma codifica portali. Ogni piega è un algoritmo gestuale, ogni tessuto una matrice spirituale. L’incenso al palo santo è il suo protocollo di attivazione. L’opera diventa software rituale: un invito ad attraversare la materia per accedere a nuove dimensioni cognitive.
La pubblicazione della monografia Esplorazione della liquidità (Beyond the Rules) segna un upgrade del suo sistema: immagini, testi e filosofia che mappano i portali come API esistenziali, connettori tra mondo tangibile e immateriale.
Collaborazioni con Porsche, Fiera Milano, Fondazione De Marchi, Fondazione F.I.R.A. rafforzano il suo posizionamento come artista capace di generare valore non solo estetico, ma anche simbolico ed esperienziale.
Se Abramović ha reso la performance un linguaggio e Banksy ha hackerato la street art, Elena Brovelli porta l’arte in modalità portale: un’interfaccia tra uomo e universo, pensata per il terzo millennio.
