25 Marzo 2020

Lucia Bosé, regina per caso dal cinema all’arte della vita

Parla il biografo Roberto Liberatori: "Una donna ribelle e libera. Non le importava dell'autocelebrazione e aveva ancora tanta voglia di fare".

25 Marzo 2020

Lucia Bosé, regina per caso dal cinema all’arte della vita

Parla il biografo Roberto Liberatori: "Una donna ribelle e libera. Non le importava dell'autocelebrazione e aveva ancora tanta voglia di fare".

25 Marzo 2020

Lucia Bosé, regina per caso dal cinema all’arte della vita

Parla il biografo Roberto Liberatori: "Una donna ribelle e libera. Non le importava dell'autocelebrazione e aveva ancora tanta voglia di fare".

Curiosamente è stato Massimo Girotti a far incontrare Lucia Bosé e Roberto Liberatori, giornalista e autore tv che le ha regalato l’ultimo tributo dall’Italia: un intero libro sulla sua vita. Il pallanuotista e attore (scomparso nel 2003) era stato oggetto di un primo volume monografico a cura di Liberatori. E siccome il protagonista del film “Cronaca di un amore” (1950, diretto dal regista Michelangelo Antonioni) divideva la ribalta con l’attrice di origine milanese naturalizzata in Spagna, Liberatori si era messo sulle sue tracce. Lucia Bosé ha avuto una vita da film: commessa in una pasticceria milanese, notata da un grande regista, divenne Miss Italia nel 1947 e poi attrice e sposa dell’uomo più famoso di Spagna, il torero Luis Miguel Dominguin. Dopo il libro su Girotti, è arrivato (giustamente) a ottobre scorso, il libro “Lucia Bosé: una biografia” (Edizioni Sabinae), un testo avvincente che racconta la vita di un’italiana amata nel mondo attraverso la carriera ma anche la vita, incredibile e rocambolesca, a volte, fiabesca e dura allo stesso tempo. Oggi che la notizia della scomparsa di Lucia Bosé ha commosso il mondo, abbiamo contattato il documentatissimo autore per farci raccontare meglio il personaggio.

Roberto, anzitutto partiamo dal nome. Bosé da dove arriva?

Mi fa piacere sfatare un mito che nemmeno Wikipedia è riuscito a correggere: Lucia Bosé porta il nome del padre, Domenico, mentre la madre si chiamava Francesca Borloni, e non il contrario. Successivamente è stato il figlio Miguel e gli altri membri della famiglia ad adottare il suo cognome. Che deriva da una famiglia di lombardi, a dispetto del suono così spagnolo che trae in inganno.

Evidentemente era destino che la Spagna entrasse nella sua vita. Che idea ti sei fatto del suo personaggio?

Anzitutto credo di essere stato un privilegiato. Tramite il libro sono entrato nella sua vita, mi chiamava una volta a settimana e se mancava una volta mi porgeva scuse, circostanza che ritenevo abbastanza buffa. Del resto io sono stato un amico in tarda età, lei ne ha conosciuti di grandi. Credo sia stata una persona serena e ribelle. Non interessata alla carriera ma realizzata.

Il progetto di un libro biografico vi ha uniti in amicizia. Che esperienza è stata?

Sì, ci siamo legati, dopo l’intervista che le avevo fatto per il libro su Massimo Girotti l’ho ricontattata perché mi ero appassionato alla sua vicenda, avevo capito che non c’era nulla di scritto sulla sua vita, pochi saggi, molte interviste. Alla fine della stesura del libro ho avuto l’onore di sottoporglielo e lei non ha cambiato una virgola. Una grande soddisfazione. Credo che si sia fidata da subito di me.

Hai avuto una porta privilegiata su un mondo di ricordi unici. Che sensazione hai a tua volta?

Mi sono ritrovato a pranzare a casa sua con i nipoti, ad assistere a momenti di convivialità famigliare che mi sembravano un sogno. Mi ha dimostrato amicizia e anche molta lealtà. Per questo non sono riuscito a parlare a voi di The Way Magazine il giorno stesso della sua scomparsa, ero troppo commosso. Pensare alle circostanze in cui ci troviamo, il fatto che non abbia avuto nemmeno un funerale. Ognuno bloccato nelle proprie case. Ma come ha scritto il figlio Miguel Bosé, ora è vicino agli angeli che amava tanto, il posto migliore per lei.

L’ultima volta che l’hai vista?

Lei ha accettato di venire a Roma a ottobre 2019 per la presentazione della biografia alla Festa del Cinema e aveva il cuore pieno di meraviglia. Aveva in programma di tornarci a marzo per starci un mese, a casa di amici. Non aveva più famiglia qui in Italia e pochi amici rimasti. Mi diceva: Roberto, sono tutti morti ma in compenso ho trovato te. A gennaio il nostro ultimo incontro, sono andato a trovarla in Spagna, ho conosciuto l’altra figlia, Paola. Per me era come entrare in famiglia, ero sempre sorpreso di come mi accoglieva.

La sua storia parte da Milano. Nata nel 1931, la guerra, la ricostruzione. Anche il tuo libro parte da lì?

Io sono nato negli anni Settanta, quindi per ricostruire il quadro mi sono affidato ai suoi ricordi. Erano cose di cui avevo sentito parlare e necessariamente mi sono occupato della guerra, ho sentito suoi contemporanei, ho voluto ricostruire bene lo scenario e non c’erano fonti precise.

Che ricordi aveva lei di quel periodo?

Io personalmente alla famosa Pasticceria Galli a Milano, in zona Porta Romana, non sono mai stato, ma attraverso i suoi racconti è come se l’avessi vissuta. Lei stessa era rimasta in contatto con la famiglia che mandava avanti l’attività, era stato il suo primo lavoro, era la rinascita dopo la guerra, c’era voglia di ricominciare a vivere.

 

Nel 1947 l’incontro con Luchino Visconti, il regista che inventò il neorealismo.

Visconti con la corte di collaboratori si fermava sempre a colazione in quella pasticceria e le disse la famosa frase premonitoria: lei farà del cinema. Lucia non sapeva nemmeno chi fosse, l’ha ritrovato a Roma successivamente al provino.

Nel frattempo, qualcuno pensò di iscriverla a Miss Italia.

Questo è il primo episodio incredibile della sua carriera, una circostanza che ci dice molto anche di quell’Italia che non c’è più. Il settimanale L’Europeo aveva indetto un concorso fotografico per far accedere tutte le ragazze che volevano e non potevano andare personalmente ai raduni nelle balere. Un suo amico mandò una sua foto, che venne pubblicata con conseguente grande sconcerto da parte dei suoi famigliari. All’epoca, per una ragazza era una sorta di scandalo andare sui giornali.

Come si sbloccò la situazione?

Da L’Europeo pressarono, volevano fare più scatti, la contattarono e quando la famiglia Bosé si rese conto che non si trattava di un rotocalco di cronaca rosa acconsentirono. Lucia vinse il titolo di Miss Fotografia, andò alla finale di Miss Italia e vinse il concorso nel 1947.

Da lì la scalata al successo, anche se non fu immediato.

Sì i primi contratti proposti furono rifiutati dalla famiglia. Ma poi lavorò con i più grandi della sua epoca. Ho fatto in tempo a raccogliere la testimonianza del costumista Piero Tosi, scomparso l’anno scorso. Ho sentito il regista Francesco Maselli, la regista Liliana Cavani, uno degli ultimi registi con cui ha lavorato, Roberto Faenza per cui ha girato “I Vicerè” nel 2007.

Che considerazione aveva della sua carriera negli ultimi anni?

Devo essere sincero: non gliene fregava niente, non aveva interesse a celebrare il suo mito. Nemmeno la questione del nome che tutti pensavano fosse uno pseudonimo destava interesse in lei. Quando le chiedeva del perché dei capelli blu, ogni volta dava una risposta diversa. La osservavo, ero incantanto a carpire le sfumature delle sue risposte. Per il blu a volte chiosava: è il colore del cielo.

Ti parlava della sua famiglia?

Aveva dei parenti della madre ancora in Italia ma quelli più prossimi erano andati tutti in Spagna con lei. A inizio anni 70, quando le morì il padre, convinse la mamma ad andare da lei a Madrid, in Spagna c’era anche il fratello Gianni, avevano tutti lavori lì. Non ho mai conosciuto Miguel ma so che sapeva del libro, perché a Roma lei mi aveva detto: mio figlio vuole che gli mandi una copia autografata del libro. Mi sembrò così strano e anche divertente, lui star planetaria che voleva da me il libro sulla madre. Ovviamente a Natale gliel’ho fatto avere.

Tra l’altro, proprio Miguel intitolò un suo famoso disco degli anni 80 “Milano-Madrid”.

Sì, lui era venuto a vivere brevemente a Milano perché era il centro della discografia. Ma non credo abbia mai rappresentato un avvicinamento alla famiglia della madre, perché all’epoca erano già andati tutti in Spagna su suo consiglio.

Milano Madrid, due città che ricorrono nella vita di Lucia Bosé. E anche del figlio Miguel Bosé che in questo album del 1983, all’apice della popolarità planetaria, pubblica il titolo “Milano-Madrid” su copertina disegnata appositamente da Andy Warhol.

Proprio sulla carriera di Miguel si è detto molto, specie all’inizio quando le sue scelte artistiche lo portarono in contrasto col padre.

Dominguin era un uomo della sua epoca, super macho spagnolo. I padri erano così, lui voleva un figlio ingegnere, architetto, diplomatico e la madre invece spingeva Miguel verso l’arte. “Io ti ammazzo se diventi ingegnere” diceva. Lui ha seguito l’istinto ed è diventato dapprima un ballerino, poi un vero creativo, si è fatto una sua carriera.

La sua fama mondiale è stata straordinaria. Cosa ne pensava la madre?

Quando già aveva cominciato a muoversi è arrivato fino a Andy Warhol a New York, ma in famiglia si riconosceva che ha faticato perché si sapeva che all’inizio non veniva preso sul serio. Era troppo bello per importsi per altre doti. Aveva preso il meglio dalla madre e dal padre. Il suo merito è stato di aver dimostrato di aver talento, uno dei pochi casi dove un figlio raggiunge la fama dei propri genitori. Pensa che una volta le ho chiesto: ma Miguel vi ha superato? E lei: beh superato ora, non esageriamo.

Bellissima questa annotazione. E ci offre anche un’idea della popolarità dei due genitori all’epoca.

Quel tipo di fama davvero appartiene a un altro secolo. Dominguin era uno degli uomini più famosi del mondo, mi viene di paragonarlo a Cristiano Ronaldo oggi, ma non è nemmeno preciso come parallelo. Era la perfezione, il talento, una personalità che aveva permesso a tutta la famiglia di vivere in un mondo dorato.

Le frequentazioni con Picasso, Dalì, Heminguay. Che vita ricordava di aver fatto Lucia Bosé?

Lei era molto equilibrata nei giudizi. A domanda rispondeva: ‘non posso dire come vivevano gli spagnoli perché ero privilegiata’. Come famiglia, loro frequentavano il jet set, avevano l’autista che si toglieva il cappello a ogni gesto. Lucia era una regina. Ma fondamentalmente la Spagna viveva in una condizione completamente diversa. Mi hanno colpito i racconti di lei che si separa negli anni Settanta e lui che era franchista resta fedele al regime. Lei diceva: ‘avrebbe fatto qualsiasi cosa, io non subivo questa fascinazione’. In Spagna la consideravano una comunista in qualità di italiana, in Italia la consideravano una fascista perché era andata in un regime. La verità è che in Spagna la dittatura è durata 40 anni e tutti dovevano sottostare. Tutti i famosi andavano al palazzo di Franco alle feste, perché era l’unica società possibile.

La presentazione del libro su Lucia Bosé scritto da Roberto Liberatori a Roma, ottobre 2019. Quando nel 1947 Lucia Bosè ottiene il titolo di Miss Italia è solo una ragazzina milanese di 16 anni a cui la guerra ha tolto tutto. Umile e con voglia di riscatto, Lucia riesce a trasformarsi in una delle donne più ammirate del ‘900, ambasciatrice di un’idea di bellezza italiana nel mondo assieme ad altre star della sua generazione i cui nomi tutti impareranno a conoscere: Gina, Silvana, Sophia… L’impatto di Lucia Bosè sul cinema degli anni 50, il matrimonio col torero Dominguin, i figli. A Roberto Liberatori, suo biografo, disse: “Non mi piace guardarmi alle spalle. Ho vissuto momenti deliziosi e ho anche sofferto molto, però entrambe, allegria e tristezza le prendo per buone. In fondo le risa e il pianto di quei giorni hanno formato la persona che sono oggi”.

Uno dei momenti bui della sua vita è dopo il divorzio. Come l’ha affrontato?

C’è stata molta serietà da parte sue, consapevolezza, fermezza. I figli nascono lì, lei abbandona il lavoro per amore ma poi per tirare avanti la famiglia riprende a lavorare. Pensa, aveva avuto un invito da Luchino Visconti per tornare in Italia, per un attimo ci pensa, lui l’avrebbe accolta in casa con i figli. Ma furono proprio i figli, a tutti gli effetti spagnoli, a non voler cambiare. Quindi ancora bellissima a 40 anni, torna sul set e negli anni Settanta recita anche in tanti film di sperimentazione, di nicchia. Alcuni in Italia nemmeno sono usciti. Mi diceva: accettavo un ruolo commerciale per potermi permettere di farne tre con registi sconosciuti che però volevo aiutare.

Una madre al lavoro ma anche una donna con valori. Che personaggio divenne per gli spagnoli?

Non badava solo al soldo, credo che molti glielo riconoscano. Gli spagnoli la ritengono attrice riferendosi alla prima fase della sua carriera, ogni volta che la invitavano facevano partire la musica di “Tres Enamoradas”, titolo spagnolo del film di Luciano Emmer “La ragazze di Piazza di Spagna”. Tres Inamoradas. Credo che l’abbiano considerata più come un personaggio da rotocalco che come attrice. Quando c’è stata la presentazione del libro, tante televisioni e giornali spagnoli ne hanno parlato ma ne raccontavano la carriera italiana e poi del periodo in Spagna, solo per la vita privata.

Che tra l’altro lei viveva ultimamente in maniera molto tranquilla.

Ha trascorso 63 anni in Spagna. La casa blu è dove ha vissuto ultimamente, in un piccolo paese, Brieva vicino Segovia, a nord di Madrid. Lì vicino c’è un paesino Turégano, dove aveva aperto un museo degli angeli, chiuso nel 2012 perché non aveva modo di autofinanziarsi. Si trovava in un’ex fabbrica di farina e spero che ora la collezione di opere molto belle che conteneva possa essere portata altrove.

 

Foto d’apertura: per gentile concessione di Giulia Parmigiani

Foto conferenza di Roma Cinema Fest – Ottobre 2019: archivio dell’autore Roberto Liberatori

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Christian D'Antonio

Christian D'Antonio

Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it. Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia. Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
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